Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

29/10/2008

Montecitorio, Sala della Lupa - Convegno su "La Grande Guerra nella memoria italiana"

La storia non è solo passato, la storia è identità.
E' per affermare questo principio che la Camera dei deputati ha organizzato questo convegno.
Il 4 Novembre del 1918 ha segnato l'anima italiana ed è scolpito nella memoria del nostro popolo.
E' importante che le istituzioni offrano, dopo novant'anni, un'occasione per approfondire il senso dei valori morali e civili di questa ricorrenza.
Ringrazio il Capo dello Stato per aver accettato di essere presente. Lo saluto unitamente al Vicepresidente del Senato Nania, al giudice della Corte Costituzionale Finocchiaro, al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Letta, e alle altre autorità civili e militari. Lo scorso anno, rendendo omaggio al Milite Ignoto, il presidente Napolitano sottolineò in un passaggio del suo discorso il legame tra Grande Guerra e Risorgimento.

E' con questo spirito che rievochiamo la straordinaria mobilitazione morale, sociale ed economica sostenuta dal nostro popolo tra il 1915 e il 1918.
Fu un impegno gigantesco per un Paese in gran parte povero e che era unito politicamente da poco più di cinquant'anni.
Il legame con la stagione risorgimentale non fu solo fornito dal ricongiungimento di Trento e Trieste all'Italia. Venne anche dalla conquista dell'autocoscienza di essere una nazione.
In un discorso tenuto all'indomani della vittoria, Vittorio Emanuele Orlando disse che l'Italia è oggi un grande Stato perché ha rivelato una capacità di azione e di volere che la pareggia effettivamente ai più grandi Stati contemporanei.
Milioni e milioni di italiani, che fino ad allora erano rimasti lontani o estranei allo Stato unitario, scoprirono di aver superato insieme una prova tremenda e cominciarono a sentirsi per la prima volta coinvolti in una medesima comunità di destino.
Fu un'esperienza incancellabile e rappresenta uno dei momenti più alti nella storia dell'Italia moderna. Un'esperienza certo tragica, ma perennemente produttiva di insegnamenti.
Questi significati, anche in riferimento agli odierni profili dell'identità nazionale, verranno approfonditi dagli studiosi che hanno accolto il nostro invito. Li ringrazio per i contributi che si accingono a fornire, unitamente alla Società italiana di storia militare, nelle persone in particolare dei professori Mariano Gabriele e Donato Tamblé che hanno collaborato all'organizzazione dell'evento e che invieranno i loro interventi per la pubblicazione degli atti del convegno.
In questa occasione è doveroso ricordare che al Novantesimo della Vittoria è legata anche una ricorrenza che riguarda specificamente la Camera. Il 20 novembre del 1918 i deputati si riunirono infatti, per la prima volta, nella nuova Aula di Palazzo Montecitorio. L'evento è rievocato da una importante pubblicazione realizzata dall'Archivio storico della Camera. Ringrazio il sovrintendente Paolo Massa per l'accuratezza della ricostruzione storica e per il valore dei documenti presentati.

Nel sottolineare l'attualità dei valori trasmessi dal 4 Novembre dobbiamo innanzi tutto considerare i profondi cambiamenti conosciuti dal nostro Paese nel corso di questi novant'anni. Come insegnava Giovanni Gentile, la storia vive nell'atto del pensiero. Ed è una rielaborazione incessante di esperienze.
Il cosiddetto "secolo breve" è stato per gli italiani e per gli europei un secolo travagliato e ha prodotto una sofferta maturazione della coscienza civile. Una delle conquiste più alte dello spirito odierno è il riconoscimento della necessità di vincolare sempre la nazione alla democrazia. E' impossibile oggi pensare la patria senza la libertà e i diritti del cittadino.
Tale legame non appariva novant'anni fa in tutta la sua forza. Nelle giovani energie culturali dell'interventismo prevaleva lo spirito nazionalista. Nell'inquietudine che caratterizzava quegli intellettuali c'era una forte insoddisfazione per le istituzioni dell'Italia liberale. Tale sentimento coinvolgeva anche coloro che sostenevano con decisione la causa democratica. Pensiamo a Piero Gobetti e alla sua idea che il Risorgimento potesse rivelare pienamente la sua forza di progresso solo attraverso l'allargamento della base della partecipazione politica.

La nazione va dunque ancorata alla democrazia. Ma anche la democrazia va legata, a sua volta, al valore della nazione. Questa considerazione non ostacola, anzi agevola, il processo di costruzione delle istituzioni europee nel quale l'Italia è da sempre intensamente impegnata. L'ideale di una democrazia sovranazionale rappresenta uno sviluppo e una maturazione, non certo una negazione, della cultura politica nazionale. Naturalmente di una cultura politica che voglia essere evolutiva e aperta.
Le sfide che oggi vengono all'identità nazionale, specialmente per effetto delle grandi migrazioni e dei processi di globalizzazione, sono anche sfide alla democrazia. Sono sfide comuni ai tutti i Paesi occidentali. Ma c'è un profilo strettamente italiano e riguarda l'affermazione di valori condivisi che garantiscano la coesione sociale e la qualità del confronto politico.
In un certo senso, possiamo dire che oggi siamo nuovamente alla ricerca dell'autocoscienza di essere nazione. C'è bisogno di interrogarsi sul valore dello stare insieme come italiani e sugli obiettivi comuni da perseguire. Più di quello che accade in altri Paesi, abbiamo bisogno di ritrovare quel retroterra di sentimenti, memorie e simboli che danno sostanza vitale al senso della lealtà civica. La cittadinanza ha bisogno essere vissuta come un'emozione, prima ancora che come un freddo obbligo della ragione.
La storia è un grande deposito di emozioni che si rinnovano ( o si dovrebbero rinnovare) nelle festività civili. L'intensità con le quali tali feste vengono vissute è un segnale della qualità della vita democratica e dell'attaccamento dei cittadini per le istituzioni.
Vivere intensamente il 4 Novembre vuol dire sentirsi legati intensamente alla comunità nazionale. Questa festività va vista come il necessario completamento alle feste del 25 aprile e del 2 giugno, in cui si ricordano momenti altrettanto cruciali della storia italiana. In queste tre festività la storia comune torna a farsi esperienza presente e disegna un percorso di educazione alla cittadinanza che va costantemente sostenuto, rinnovato e arricchito di contenuti e significati. Sono alti significati civili che appartengono indistintamente a tutti gli italiani, al di là degli orientamenti politici. E che devono appartenere a tutti coloro che diventano italiani o lo vogliono diventare. Non è piacevole leggere che alcuni insegnanti ritengano che non sia opportuno far partecipare i ragazzi alla festività del IV Novembre perché la celebrazione della bandiera italiana offenderebbe gli immigrati.

Nel celebrare la vittoria dell'Italia nel primo conflitto mondiale, non possiamo fare a meno di ricordare che la Grande Guerra fu un evento catastrofico per l'Europa e che provocò la morte di tredici milioni di uomini. Fu l'inizio della lunga "guerra civile europea", per dirla con Ernst Nolte. I valori che avevano fino ad allora accomunato i popoli continentali furono in gran parte distrutti. Ha scritto John Keegan che quell'immane evento bellico danneggiò per sempre la civiltà razionale e liberale dei Lumi e con ciò danneggiò la civiltà nel suo complesso. I frutti avvelenati si videro immediatamente con la nascita e l'affermazione dei totalitarismi del '900. Da quella lunga stagione di oppressione e sofferenze l'Europa è definitivamente uscita solo nel 1989, con il crollo del Muro di Berlino, e due anni dopo con l'implosione dell'impero sovietico.
Oltre a quello della democrazia, i valori che vanno oggi saldati con il valore della nazione sono quindi quelli della pace e dell'unità europea.
Il 4 Novembre, che è anche la festa delle Forze Armate, vede l'Italia in prima fila nell'azione di tutela della sicurezza e della stabilità nelle principali aree di crisi del mondo. E' una conquista di civiltà che manteniamo anche grazie alla professionalità, al coraggio e alla dedizione degli uomini impegnati nelle missioni internazionali. Il ricordo della vittoria italiana di novant'anni fa deve impegnarci oggi a favorire la conquista della pace per i popoli sottoposti all'attacco del terrorismo.
Anche questo è un prodotto della maturazione della coscienza storica.

La identità forte del nostro popolo viene da molti elementi. Ma su uno, in particolare, vorrei dedicare una riflessione finale. Questo tipico carattere italiano è il gioioso e straordinario amore per la vita. Me lo suggerisce la lettura di un passo dell'epistolario tra Ardengo Soffici e Giovanni Papini tenuto tra il 1916 e il 1918. Soffici racconta a Papini di aver trovato un mandolino rovinato dal sole e dalle intemperie in una dolina del Carso, dove si era combattuto in uno scenario infernale. E così commenta: Il mandolino dovrebbe essere nello stemma italiano. Avere il coraggio di suonare il mandolino sul Carso è un segno grande di civiltà imperitura.

Chissà a chi apparteneva quel mandolino. A chiunque sia appartenuto, il messaggio di speranza che ci arriva, dopo novant'anni, è di una forza straordinaria. La cultura della vita trova sempre il modo di affermarsi anche laddove è più forte lo spettro della morte e della distruzione.
E' con questo spirito di fiducia nei valori dell'uomo che rivolgiamo il nostro pensiero commosso e riconoscente alla generazione di italiani, l'ultimo dei quali Delfino Borroni è scomparso pochi giorni fa, che affrontò e superò la tremenda prova della Grande Guerra dimostrando nei momenti più difficili la grande capacità di coesione del nostro popolo.
E' un insegnamento che ci sprona a difendere oggi il bene prezioso della pace e ad affrontare le nuove sfide che si presentano al nostro Paese mantenendo sempre alto, all'interno della comunità nazionale, un forte vincolo di solidarietà e di unità.