Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

02/02/2009

Palazzo Montecitorio, Sala della Lupa - Iniziativa interistituzionale con il Senato della Repubblica ed il Cnel su "Il lavoro che cambia" alla presenza del Presidente della Repubblica

Sono lieto di presentare oggi insieme al Presidente del Senato Schifani e al Presidente del Cnel Marzano questo importante rapporto sulle trasformazioni del mondo del lavoro in Italia. Ringrazio il Presidente Napolitano per aver voluto onorarci della sua presenza, che conferma il rilievo di questa occasione di riflessione su un tema di primario interesse nazionale, specie in questa fase di crisi globale dell'economia.

L'iniziativa che presentiamo è il frutto di una elaborazione, promossa congiuntamente dai due rami del Parlamento e dal Consiglio Nazionale dell'Economia del Lavoro, che ha preso avvio nel 2007. Si tratta pertanto di un lavoro di studio e di ricerca svolto a cavallo di due legislature. E' una circostanza che dimostra - semmai ci fosse bisogno di sottolinearlo - la centralità della questione lavoro nella vita italiana e il carattere strutturale dei problemi ad essa connessi.

Il rapporto viene reso noto in un momento di preoccupazione generale per gli effetti sull'economia reale della crisi finanziaria internazionale esplosa nei mesi scorsi. Sono mesi di riflessioni, di domande, di timori. Lo sono per molti lavoratori, sia dipendenti sia autonomi.
Lo sono per molti imprenditori, che devono rielaborare le loro strategie aziendali.
Lo sono per tante famiglie, che devono riprogrammare le loro spese a breve e a medio termine.
Lo sono - con particolare forza - per i giovani in cerca di prima occupazione.
Lo sono - con particolare urgenza - per tutti coloro che hanno perso il lavoro o che hanno paura di perderlo. Ed è amaro rilevare che tanti cinquantenni -pur nel pieno della loro esperienza e capacità professionale - si trovano in tale difficile condizione.

E' mia opinione che questi mesi di riflessione, di domande, di timori debbano essere vissuti da tutti con realismo, senso di responsabilità, con spirito di sacrificio, con razionale fiducia nelle capacità del nostro popolo.
Come ha ricordato proprio il Capo dello Stato, dalla crisi potrà e dovrà uscire un'Italia più forte e più giusta. E' giusto crederci, ma è doveroso impegnarsi coralmente perché accada.
L'Italia sarà più forte e più giusta se sarà maggiormente capace di offrire prosperità economica e sicurezza sociale ai propri cittadini.
Se sarà - ci tengo a sottolinearlo - meglio attrezzata per fornire opportunità di crescita ai propri giovani, le cui energie e la cui voglia di futuro non vanno né disperse né frustrate, perché rappresentano una delle principali risorse strategiche della nostra società. Per le nuove generazioni , la flessibilità del mercato del lavoro, indispensabile alla competitività dell'economia moderna, non può continuare a tradursi in precarietà ma deve divenire possibilità di affrontare il proprio percorso nel mondo del lavoro secondo princìpi di selezione e di gerarchia basati unicamente sulle capacità e sul merito.

La condizione essenziale per il rilancio del nostro Paese è che le forze della produzione e del lavoro si facciano trovare pronte quando ripartirà il treno della ripresa internazionale.
Non spetta al Presidente della Camera indicare gli strumenti normativi e le politiche specifiche per realizzare tali condizioni. Ciò è affidato all'azione del Governo e del Parlamento, al confronto tra le parti sociali, alla più generale dialettica tra le forze politiche e la società.
Auspico però che sia presente e prevalente in tutti la consapevolezza che stiamo vivendo tempi che pretendono risposte innovative e lungimiranti. Perché le scelte odierne avranno decisive ripercussioni nel futuro. Perché non stiamo vivendo una crisi congiunturale, ma una fase di trasformazione strutturale e forse irreversibile nell'economia europea e mondiale. Perché l'urgenza di superare la crisi deve essere stimolo per una profonda modernizzazione del sistema Paese capace di far rivivere quel miracolo italiano che caratterizzò gli anni della ricostruzione e del boom economico.

E' il momento di agire facendo appello al dinamismo e alla coesione della società italiana.

Il grande tema del prossimo futuro, quello che più direttamente è oggetto del confronto politico e tra le parti sociali, è come aumentare la produttività del lavoro, la competitività delle aziende e quindi il potere di acquisto delle famiglie. E di come farlo salvaguardando gli standard di protezione sociale e di tutela del lavoratore.

Tra i punti qualificanti del rapporto del Cnel emerge l'indicazione di affiancare un sistema di welfare incentrato sulla tutela del posto di lavoro ad un più moderno sistema che mira a tutelare il lavoratore nelle varie fasi della sua vita professionale, necessariamente non più all'insegna del posto fisso a tempo indeterminato.

In questo senso, è suggerita l'idea di ripensare gli ammortizzatori sociali per coprire i nuovi rischi del mercato del lavoro, permettendo al lavoratore di affrontare i cambiamenti senza che questi si traducano in negativi arretramenti delle sue condizioni di vita.
Non è un caso che nello stesso senso - e occorre rilevarlo - siano orientate le politiche europee, tese ad evitare che il mercato del lavoro si trasformi in un'arena che separa i lavoratori in due categorie, con un numero sempre minore di garantiti da una parte, e una platea sempre più ampia di precari e sottoccupati dall'altra.
E' un problema al centro dell'attenzione di tutti quello che riguarda il mezzogiorno, e si traduce nel divario tra nord e sud, rispetto al quale è necessaria una comune assunzione di responsabilità e una identica corale volontà per avviarlo a soluzione.

Ed è sempre dall'Unione Europea che ci viene il pressante invito ad affrontare anche un altro handicap italiano: quello dell'occupazione femminile. Siamo ben lontani dal raggiungere quel 60 per cento di donne lavoratrici stabilito dagli obiettivi dell'agenda di Lisbona. Per preparare il nostro futuro dobbiamo fare in modo che le donne non siano più costrette a scegliere fra lavoro e famiglia. Perciò le politiche mirate di sostegno alla famiglia vanno viste nella loro connessione con le misure tese a favorire l'occupazione.

Un altro aspetto del rapporto che ritengo opportuno mettere in rilievo è la conferma del fatto che una parte sempre più significativa della forza lavoro presente in Italia è oggi rappresentata da lavoratori stranieri. E ancor di più lo sarà domani. Sono lavoratori che danno un contributo fondamentale in settori centrali del nostro sistema produttivo, da quello edilizio alla filiera agroalimentare, e che svolgono un ruolo insostituibile anche in altri campi, come quello della cura degli anziani, dei disabili, della infanzia.
Non possiamo permetterci in alcun modo di tollerare forme anche velate di discriminazione. Dobbiamo piuttosto offrire agli stranieri che vengono legalmente e lealmente a lavorare in Italia un chiaro quadro normativo, teso a favorire appieno la loro integrazione, il loro essere nuovi italiani.

Il solidale rispetto delle regole è del resto la chiave di volta anche per affrontare la perdurante esigenza di assicurare ai lavoratori, a tutti i lavoratori, maggiori condizioni di sicurezza nel lavoro. La quotidiana strage delle morti bianche si può arrestare intensificando in primo luogo i controlli, in modo tale da rendere impossibile il formarsi nei nostri settori produttivi di inaccettabili coni d'ombra.
Combattere la piaga del lavoro clandestino e in nero equivale in questo senso a combattere l'esposizione di migliaia di lavoratori a rischi intollerabili per un paese civile. Anche in questo campo notevoli miglioramenti si possono conseguire puntando sulla formazione, in modo da rendere i lavoratori pienamente consapevoli dei loro diritti di tutela e delle più avanzate modalità operative per una reale riduzione del pericolo.

Molti insomma sono i profili legati oggi alle trasformazioni del mondo del lavoro e il rapporto lo evidenzia con grande chiarezza. Quali che saranno le politiche che il Parlamento e il Governo riterranno di adottare, queste dovranno però sempre essere ispirate dalla necessità di un approccio generale che consideri il tema del lavoro non soltanto sotto il profilo meramente economico, ma specie sotto quello morale e civile.
Il lavoro è una delle condizioni essenziali per tutelare la dignità dell'uomo. Attraverso il lavoro si realizza la piena integrazione del cittadino nella società. Il lavoro è anche la condizione della sua identità, come ci ricorda Pierre Carniti nella sua bella introduzione.
Questa visione etica del lavoro è al fondamento stesso della Repubblica, come stabilisce l' articolo 1 della Costituzione. Tale principio continua a essere più che mai valido dopo 60 anni. Così come più che mai valido e attuale è l'impegno che l'articolo 3 affida alle istituzioni: rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
In una fase storica in cui tutto cambia e anche il lavoro e l'economia subiscono profonde trasformazioni penso sia doveroso, almeno per il legislatore, rammentare questi princìpi che derivano dalla migliore tradizione culturale e morale dell'Italia.

Per avere una bussola ideale con cui orientarsi e per far sì che il lavoro sia innanzi tutto fattore di promozione umana.