Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

24/03/2009

Montecitorio, Sala della Lupa - "Montezemolo: l'esercito, la resistenza, le Fosse Ardeatine:storia di un eroe italiano"

Desidero inaugurare questo incontro citando due frasi tratte dall'ultima lettera di un giovane ed eroico intellettuale italiano: Giaime Pintor, caduto il 1 dicembre del 1943 mentre tentava di raggiungere Roma per unirsi alle formazioni partigiane che combattevano contro i tedeschi. Ecco come, pochi giorni prima di morire, descriveva al fratello Luigi il senso della sua scelta nei giorni tragici seguiti all'8 settembre : "Oggi sono riaperte agli italiani tutte le possibilità del Risorgimento "
Pintor non amava la guerra. Avrebbe preferito continuare a coltivare i suoi studi. Però sentiva che in quel momento c'era una superiore assunzione di responsabilità da onorare. "Dobbiamo rinunciare ai nostri privilegi per contribuire alla liberazione di tutti".
Patriottismo vissuto, generosità umana e civile, italianità esemplare: è lo stesso insegnamento che troviamo in Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, eroico esponente militare della guerra di liberazione che fu trucidato alle Fosse Ardeatine dopo essere stato rinchiuso a via Tasso a causa della sua valorosa opposizione all'occupazione tedesca di Roma.
Ricordandolo nella ricorrenza del suo martirio, la Camera dei deputati intende onorare la memoria delle 335 vittime della ferocia nazista che colpì in modo vile - ed è sempre suprema viltà accanirsi sugli inermi e gli innocenti - la Capitale e l'Italia intera.
Il ricordo di quella tragedia deve rafforzare negli italiani di oggi la coscienza del sofferto e doloroso cammino compiuto dal nostro Paese per riconquistare la libertà e la democrazia.
Ringrazio per i contributi che si accingono a fornire al convegno gli storici Mariano Gabriele, Giovanni Sabbatucci, Carlo Vallauri e la giovane ricercatrice Sabina Sgueglia della Marra autrice di un libro su Giuseppe Montezemolo e sull'esperienza del Fronte militare clandestino. Li saluto unitamente ai figli dell'eroico combattente e alle autorità presenti.

Parlare di Montezemolo e del suo sacrificio significa parlare anche del contributo fornito dai militari italiani, insieme con le formazioni partigiane, alla liberazione del nostro Paese dall'occupante tedesco.
E' un capitolo della Resistenza che merita di essere approfondito, studiato e proposto all'attenzione degli italiani di oggi. In tale capitolo troviamo evidenziato il valore della nazione insieme con quelli del riscatto morale e civile dell'Italia.
Il Fronte militare clandestino rappresenta una delle pagine più eroiche di quella storia. Quei soldati operavano dietro le linee per fornire informazioni al Comando Supremo alleato e creare disordine nelle retrovie tedesche sabotandone i collegamenti e ostacolando il flusso dei rifornimenti.
Montezemolo, che al momento dell'armistizio aveva il grado di colonnello, era l'anima e la guida di quella formazione. Si adoperava per riunire e coordinare i gruppi militari clandestini che si erano costituiti spontaneamente dopo l'8 settembre. Era un'attività altamente rischiosa e costò la vita al coraggioso ufficiale e ai suoi collaboratori. Ma sul significato storico e civile della testimonianza di Montezemolo e sul contributo alla liberazione dell'Italia fornito dai militari che scelsero la libertà ci diranno gli storici che partecipano al convegno.
Un aspetto che ritengo importante sottolineare è il legame ideale tra Resistenza e Risorgimento che la rievocazione dell'esperienza dei soldati italiani, insieme con quella di tanti intellettuali e tante formazioni partigiane, consente di mettere in luce.
Il valore che emerge è quello del patriottismo democratico, che il fascismo aveva oscurato per vent'anni, e che trovò uno dei suoi primi momenti di rinascita nella scelta di continuare la guerra contro i tedeschi compiuta da tanti italiani subito dopo l' 8 settembre.

Si è dibattuto, negli anni passati, sul concetto di "morte della Patria", espressione che venne utilizzata per definire la disastrosa smobilitazione morale e militare che seguì l'armistizio. Il primo a utilizzarla fu un grande giurista che fu anche narratore, Salvatore Satta, nel contesto di un libro autobiografico dal titolo "De Profundis". Successivamente quell'espressione fu ripresa da alcuni storici.
Non intendo riaprire la discussione. Rilevo soltanto che "morte della Patria" è un'espressione forse troppo forte e pessimistica.
In realtà, furono molti i soldati e gli italiani che la Patria continuarono a farla vivere, anche in condizioni di estrema precarietà, isolamento e pericolo. Come ad esempio i soldati e gli ufficiali della divisione Acqui a Cefalonia. Il loro sacrificio è stato indicato da molti come l'atto di nascita della Resistenza. Commemorando anni fa quella pagina eroica, l'allora presidente Ciampi parlò di "rinascita della Patria".
La Patria sopravvisse grazie a uomini come Montezemolo, Pintor e tutti coloro che non accettarono la smobilitazione.
La Patria sopravvisse anche tra i seicentomila militari italiani fatti prigionieri dai tedeschi dopo l'8 settembre. La stragrande maggioranza di costoro si rifiutò di collaborare. E la cosa costò loro cara, perché gli internati italiani nei vari campi in Germania e in Polonia erano trattati peggio dei prigionieri inglesi o americani.
Ha scritto Claudio Pavone che "non ebbero mai lo status di prigionieri di guerra". Avevano uno status nuovo, quello di "internati militari", un'espressione inventata allora. "Peggio di loro erano trattati solo i sovietici". Parliamo ovviamente dei prigionieri in divisa delle varie nazionalità. Perché la condizione degli internati nei campi di sterminio, come è tristemente noto, era incomparabilmente più tragica.

Furono momenti drammatici. A distanza di tanti anni possiamo però affermare che la Patria, grazie a quegli uomini, non solo sopravvisse, ma si rigenerò.
Si rigenerò perché, da allora in poi, il valore della nazione cominciò a legarsi indissolubilmente alla libertà e alla democrazia. E non fu più possibile pensare una Patria che non rispettasse i diritti degli uomini e dei popoli.
Quella nuova idea di nazione democratica è entrata nella Costituzione e ne costituisce uno dei fondamenti morali. Vorrei concludere con una bella frase di Piero Calamandrei, che a mio giudizio spiega bene il senso profondo della scelta compiuta da uomini come Giuseppe Montezemolo in quei drammatici momenti: "Era giunta l'ora di resistere; era giunta l'ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini".
A questi uomini che vollero vivere da cittadini liberi in un Paese libero deve andare sempre la gratitudine degli italiani.