Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

21/04/2009

Montecitorio, Sala Aldo Moro - Ricordo di don Primo Mazzolari

La Camera dei deputati ricorda oggi, e lo faccio con piacere, un protagonista significativo del mondo cattolico e della vita pubblica italiana del Novecento: don Primo Mazzolari, la cui figura rappresenta ancora oggi un luminoso esempio per tutti, al di là di ogni orientamento in campo religioso o politico.
Ringrazio il presidente della Fondazione Mazzolari, don Giuseppe Giussani e lo saluto unitamente al professor Giorgio Vecchio e alle autorità che sono presenti.
Don Mazzolari seppe interpretare l'ansia di giustizia sociale che percorreva la società italiana del secolo scorso proponendo un ideale di rinnovamento spirituale per rifondare la convivenza nel nostro Paese intorno ai valori della giustizia, della solidarietà e della fratellanza. Era per davvero sempre dalla parte degli ultimi, dei poveri e degli oppressi.
La sua era una prospettiva di impegno ideale e di vita che egli proponeva con grande coerenza e con grande fervore, circostanza che lo portò spesso a scontrarsi con modelli culturali e convenzioni politiche del suo tempo. I suoi libri, i suoi articoli , i suoi interventi facevano discutere, procurandogli talvolta profonde incomprensioni.
Non spetta a me entrare nel dibattito storico e analizzare i motivi delle discussioni prodotte dagli scritti di Mazzolari nei decenni più difficili del Novecento.
Ritengo però importante sottolineare che, a cinquant'anni dalla sua morte, la testimonianza di don Primo ci arriva attraverso una luce vivida e intensa.
Che cosa, della sua testimonianza, desta in noi ancor oggi ammirazione? Innanzi tutto, quello che potremmo definire il suo umanesimo di "prima linea", che privilegiava le esigenze delle persone, condividendo fino in fondo sia la loro sofferenza sia la loro ansia di giustizia, al di fuori di ogni intellettualismo e di ogni spirito compromissorio.
Così scrisse su "Adesso", il battagliero quindicinale da lui fondato nel 1949: "Rimaniamo voce della periferia cristiana, ove c'è inquietudine, turbolenza, imprecisione e confusione, proprio perché si vive senza paraurti di fronte alla realtà che picchia senza complimenti" .
E' attuale, don Mazzolari, anche per la sua siderale distanza da qualsiasi astrattezza ideologica. La sua visione della politica pose sempre al centro l'uomo. E ancor oggi la politica deve servire l'uomo, non se stessa.
"Il mondo -scriveva nel 1958- ha camminato per merito degli uomini liberi". E i liberi ordinamenti possono essere custoditi solo da "uomini liberi che pagano di persona l'onore di essersi affrancati per mezzo della verità".

La sua idea della "rivoluzione cristiana" la dobbiamo quindi intendere innanzi tutto in senso morale. Non che fosse l'idea di un impolitico. Don Primo viveva intensamente nel clima degli accesi dibattiti ideologici del Novecento. Era amico di Giorgio La Pira e dei tanti che condividevano con lui il desiderio di rinnovamento politico del mondo cattolico.
Però la sua prospettiva non poteva essere rinchiusa entro schemi rigidi. La sua forza stava proprio in una proposta eminentemente spirituale e religiosa che si affermava sulla scena pubblica senza farsi condizionare dalle preoccupazioni o dalle opportunità politiche.
Non era semplice passione per l'autonomia intellettuale , ma obbedienza alla verità cui Mazzolari, come cristiano, aderiva con tutto se stesso. "Deludiamo non pochi -scrisse sempre su "Adesso" - , per i quali non siamo ancora abbastanza anticonformisti; altri li scontentiamo perché ci vedono a mezz'aria, né cogli uni né cogli altri. Non essendo uomini di parte, nemmeno in politica, crediamo fermamente nel dialogo sereno".

Quale insegnamento la politica e la società possono allora trarre da uomini come lui? Penso che ancor prima dei suggerimenti e delle idee che venivano dai suoi scritti, l'esempio venga soprattutto dalla tensione morale proveniente dalla sua testimonianza.
La politica vive attraverso azioni, progetti, programmi e, quando è necessario, anche mediazioni e compromessi. Ma essa, la politica, ha costantemente bisogno di essere alimentata dalla passione ideale. Perché è proprio da questa passione che viene la visione del futuro.
E' interessante in questo senso leggere il confronto che Pietro Scoppola stabilì tra la figura di Mazzolari e quella di De Gasperi in un libro che uscì molti anni fa. E' una pagina che va riletta al di là del suo stretto profilo storico e dei rapporti tra don Primo e la Democrazia cristiana. Sono riflessioni valide anche oggi e descrivono un tipo di legame tra etica e politica che può essere accolto da tutti.
"Alla figura profetica di Mazzolari -scrisse dunque lo studioso- non vorrei contrapporre un De Gasperi puramente politico: credo piuttosto che le due figure siano da mettere a fianco come momenti complementari di uno stesso impegno morale. De Gasperi non è stato certo insensibile ai valori che hanno animato la testimonianza di Don Primo. Ma la sua azione politica ha dovuto fare i conti, fino in fondo, con la realtà".
Finita la citazione di Scoppola credo si possa dire che idealità e realismo non vanno quindi messi in contrapposizione, trattandosi di due momenti entrambi necessari per la realizzazione del bene comune e dell'interesse generale. "Un'azione politica veramente creativa -dice ancora Scoppola- ha bisogno di forti tensioni morali, di una spinta generosa alla ricerca di nuovi spazi e di nuove frontiere, di un atteggiamento aperto al futuro e , al tempo stesso, di un lucido realismo capace di cogliere tutti i dati della situazione concreta . Quando manca uno di questi due momenti l'azione politica fatalmente scade a livello di un utopismo incapace di mordere sulla realtà o, viceversa, di semplice mediazione infeconda e per sua natura conservatrice". L'attualità di queste parole è di tutta evidenza.
Anche in una società complessa come quella odierna, pur nella pluralità degli interessi e pur nella necessità di soluzioni spesso pragmatiche ai suoi innumerevoli problemi, non devono venire mai meno né la capacità di guardare ai profili ideali dell'azione pubblica né l'attenzione alla qualità morale della vita sociale.
E' questa la grande lezione di Mazzolari. E' una lezione valida naturalmente per i cattolici ma che può e deve essere accolta anche dai laici.
Una laicità positiva, cioè cosciente del ruolo fondamentale esercitato nella società italiana dalla Chiesa cattolica, non può infatti che trarre grandi insegnamenti dalla testimonianza morale del sacerdote di Cremona. E considerarla patrimonio comune degli italiani.
"Di fronte alle grandi correnti moderne -scrisse don Primo- il cristiano ha la scelta tra due attitudini: una, negativa, che consiste nell'escludere, combattere, avversare; l'altra positiva, che consiste nell'intensificare le energie religiose e spirituali in sé e intorno a sé". Egli seguì la seconda attitudine perché riteneva che occorresse essere più "cristiani" e "più umani".
Questa attitudine lo ha portato nel cuore della storia del Novecento italiano. E in questa storia egli è rimasto anche 50 anni dopo la sua morte.