Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

10/06/2009

Montecitorio, Sala della Regina - Convegno sul tema "Impresa e lavoro nella Costituzione" in occasione della conclusione dell'esposizione "Una Costituzione viva - Mostra per la Festa della Repubblica"

E' di grande significato che la mostra dedicata dalla Camera dei deputati alla storia e ai valori della Costituzione si concluda con il convegno odierno sul legame tra libertà d'impresa e tutela del lavoro.
Saluto e ringrazio l'On. Maurizio Lupi vicepresidente della Camera, il presidente Franco Marini, , il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, il presidente dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Giuliano Amato, il professor Mario Tronti.
I princìpi della libera iniziativa economica e della sicurezza e dignità dei lavoratori trovano in questa delicata fase della nostra vita economico-sociale un motivo di stringente attualità. Nelle Istituzioni, nelle forze sociali e in quelle politiche s'avverte sempre più l'esigenza di affrontare unitariamente le conseguenze della recessione internazionale sulla vita delle imprese, dei lavoratori e delle fasce più deboli della società.
A ben vedere, l'odierna esigenza di una ricomposizione civile del Paese per fronteggiare l'emergenza sociale ed economica trova proprio nella Costituzione un alto fondamento ideale e morale.
E' importante ricordare che i Costituenti hanno previsto un'Italia economicamente dinamica e, nello stesso tempo, socialmente solidale, dove la dignità del lavoro acquista il rango di valore fondante della Repubblica, come recita l' art.1.
L'intero impianto del Titolo Terzo, dedicato ai Rapporti Economici, sancisce princìpi di tutela dei lavoratori tra i più avanzati rispetto alle Costituzioni dei Paesi a democrazia liberale. Cioè non deve essere solo motivo di orgoglio storico-identitario ma anche fattore di rinnovato impegno civile.
Il legame tra libera iniziativa economica e fini sociali sancita dall'art. 41, la funzione sociale della proprietà privata stabilita all'art. 42, il riconoscimento ai lavoratori del diritto di partecipare alla gestione delle aziende previsto dall'art. 46 ci permettono di affermare che il Titolo Terzo della Costituzione esprime la "cultura della condivisione tra capitale e lavoro" nei confronti dei destini dell'impresa e nei confronti del bene comune degli italiani.
Questa visione solidale delle questioni economiche rappresenta la sintesi giuridico-costituzionale delle grandi culture politiche del Novecento italiano, della storia del movimento sindacale, del pensiero laico e liberale, e anche dell'ispirazione politica proveniente dalla dottrina sociale della Chiesa, sancita dalla "Rerum Novarum" di Leone XIII e ribadita dalla "Quadragesimus Annus" di Pio XI.

Questi valori costituzionali e morali devono essere da guida anche per l'Italia di oggi.
E' il momento di una comune assunzione di responsabilità per promuovere la competitività del sistema economico salvaguardando contemporaneamente i livelli di vita della famiglie e garantendo prospettive ai disoccupati, ai cassintegrati, ai giovani in cerca di opportunità di lavoro.
La strada da molti indicata è quella di aumentare la produttività delle imprese e di favorire l'innovazione al fine di raggiungere standard più alti di efficienza del sistema.
L'Italia deve saper trarre da questo momento difficile un nuovo stimolo per recuperare il terreno perduto sia nei processi di modernizzazione sia nella creazione di un più avanzato sistema di protezione sociale.
Non è mio compito entrare nel merito delle misure varate dal Governo allo scopo di favorire gli investimenti nonché di sostenere le fasce più deboli della società.
Desidero solo osservare che questi mesi presentano segni incoraggianti insieme però a motivi di preoccupazione.
Per quanto riguarda il primo aspetto, condivido l'opinione di quanti hanno rilevato che il nostro sistema di protezione sociale ha svolto un ruolo all'altezza della situazione.
Nello stesso tempo, le previsioni per i prossimi anni continuano a segnalare un quadro difficile. Ci sarà ancora bisogno del sostegno pubblico per favorire la ripresa economica e per sostenere i lavoratori colpiti dalla crisi. Ritengo che in questo momento occorra continuare a fronteggiare con determinazione e spirito solidale l'emergenza sociale ma ci sia altresì bisogno di pensare alle prospettive di più lungo periodo.
Proprio perché ci troviamo in un momento eccezionale, è oggi richiesto alle Istituzioni, alle forze politiche e alle forze sociali un eccezionale impegno riformatore, all'insegna della coesione e della condivisione delle responsabilità.
Non sono più rimandabili quegli interventi strategici e strutturali capaci di sanare i vizi profondi del nostro sistema, i ritardi e le anomalie che ostacolano il cammino delle forze produttive e che appesantiscono le ali dello sviluppo. Gli ambiti di questi problemi sono noti e vanno dall'ammodernamento infrastrutturale alla politica energetica fino allo snellimento delle procedure burocratiche necessarie per iniziare un'attività economica.
Le potenzialità del nostro Paese rimangono enormi. Basterà ricordare che la crisi è arrivata in un momento in cui il sistema delle imprese italiane era impegnato in un grande sforzo di ammodernamento e di internazionalizzazione. Però occorre valorizzare queste possibilità attraverso un più moderno sistema di incentivi e di servizi.

Per quello che riguarda le garanzie sociali, occorre correggere le anomalie della frammentazione e della disparità di trattamento che abbiamo ereditato dal passato.
Lo sforzo deve essere quello di costruire un Welfare inclusivo che non discrimini i "precari" rispetto ai "garantiti", un sistema più moderno che miri a tutelare il lavoratore nelle varie fasi della sua vita professionale, oggi non più all'insegna necessariamente all'insegna del posto fisso e a tempo indeterminato.
In questo senso il sistema di ammortizzatori sociali deve coprire i nuovi rischi del mercato del lavoro, permettendo al lavoratore di affrontare i cambiamenti senza che questi si traducano inevitabilmente in negativi arretramenti delle sue condizioni di vita.
Per riuscirvi, un ambito cruciale è quello relativo al dialogo tra le parti sociali. Un rinnovato clima di collaborazione tra capitale e lavoro dovrà favorire più moderni ed efficienti meccanismi che promuovano la produttività dell'azienda insieme con gli incentivi salariali e l'aumento del reddito a disposizione dei lavoratori.
Un auspicio in tale direzione è mosso anche dalla necessità di dare attuazione, nell'odierna situazione sociale ed economica, al disposto dell'art.36 della Costituzione che prevede una retribuzione, per il lavoratore, "proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro". Personalmente non credo che il ritorno al passato di una diversificazione territoriale dei salari produrrebbe alcunché di positivo per il Paese.
In questo modo si darebbe un messaggio disgregante ai territori più deboli del Paese.
La via da percorrere, casomai, è quella di una maggiore libertà contrattuale sul piano territoriale e aziendale, che consenta alle parti sociali, fatte salve condizioni e garanzie irrinunciabili di base, di legare le retribuzioni ai livelli effettivi di produttività e alla disponibilità di manodopera, indipendentemente dalla collocazione territoriale delle imprese.
In conclusione, le Istituzioni devono essere sensibili allo sviluppo della "cultura della condivisione" tra tutti i soggetti della produzione, perché la diffusione di tale cultura rappresenta un indubbio fattore di efficienza economica e innovazione produttiva. E permette di realizzare in modo più attuale e compiuto la finalità di promozione umana e morale del lavoratore prevista dalla Carta Costituzionale.