Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

16/06/2009

Montecitorio, Sala della Lupa - Presentazione della Relazione annuale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato

Autorità, Signore, Signori!

Il tradizionale appuntamento con la relazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato cade, quest'anno, in un momento particolarmente difficile.

La tempesta finanziaria originata negli Stati Uniti dalla deflagrazione della "bolla immobiliare" si è rapidamente propagata a tutti i Paesi sviluppati, con caratteristiche di intensità e virulenza che testimoniano come, in contesti ormai globalizzati e ad elevato grado di interdipendenza, i singoli fenomeni patologici possano amplificarsi e degenerare, anche in campo economico, in vere e proprie "pandemie".

Con analoga rapidità il "contagio" si è esteso all'economia reale, alimentato anche dallo strutturale deficit di conoscenza e di informazioni sulla situazione patrimoniale di banche e operatori finanziari, nonché dalla difficoltà di formulare previsioni ragionevolmente affidabili sulla durata e i possibili esiti della crisi.

Pur tra errori e sbandamenti iniziali, le iniziative dei governi e delle istituzioni internazionali sembrano aver quanto meno esorcizzato lo spettro di un'epocale collasso del sistema bancario e creato le condizioni minime indispensabili per una meno convulsa gestione dell'emergenza e per l'avvio di un processo di progressiva, pur se lenta, stabilizzazione dei mercati finanziari.

Sul fronte dell'economia reale, tuttavia, gli effetti restano pesanti e le prospettive a medio termine, nonostante alcuni timidi segnali positivi, permangono incerte.

Mentre si confrontano diagnosi e terapie, sul terreno dell'iniziativa politica si è dato avvio alla definizione di un nuovo impianto di regole e di più efficaci strumenti di governance dei mercati finanziari internazionali per garantire la stabilità e la trasparenza e prevenire, per quanto possibile, il rischio di future e più gravi crisi sistemiche.

Una prima importante considerazione, in tal senso, riguarda le cause stesse della crisi, da più parti imputata al mercato, ai suoi princìpi e valori di riferimento e alla sua asserita, strutturale inidoneità a coniugare la logica del profitto con l'interesse generale a una crescita sostenibile e a una distribuzione non sperequata della ricchezza.

In questa stessa prospettiva, è stata, da più parti, rivendicata la superiorità dell'intervento pubblico e si è invocata una più estesa presenza dello Stato nell'economia, unitamente all'introduzione di vincoli più stringenti alla libertà di iniziativa economica.

Questo diffuso atteggiamento appare quanto meno singolare a fronte di una crisi alla cui genesi hanno contribuito, in misura assolutamente non secondaria, scelte pubbliche errate o insufficienti; in particolare, una inefficace e lacunosa disciplina dei mercati finanziari e politiche monetarie incautamente accomodanti.

Il concorso di questi errori ha prodotto una miscela perversa di opacità, conflitti di interesse e distorsioni nel meccanismo di formazione dei prezzi dei titoli. Un vasto numero di intermediari finanziari ha così potuto trasferire su soggetti terzi i rischi eccessivamente elevati - ma non riconoscibili e valutabili dal mercato - assunti nel perseguimento di politiche imprenditoriali fortemente orientate ai risultati di breve periodo piuttosto che ai canoni di una sana e prudente gestione.

Le degenerazioni conseguenti a questo assetto squilibrato non possono dunque essere imputate al mercato e alla concorrenza, ma a quell'insieme di fattori distorsivi che ha seriamente alterato quelle condizioni di contesto essenziali al loro corretto funzionamento. Diversamente, finiremmo per confondere cause e sintomi, rischiando di aggravare ulteriormente una situazione già difficile e densa di incognite.

Avere ben chiaro come stanno le cose appare oggi tanto più rilevante alla luce dei cambiamenti che la crisi stessa ha determinato, in termini di assetto e prospettive, nel sistema di rapporti tra Stato e mercato.

Le necessità dettate dalla fase emergenziale hanno infatti prodotto una significativa inversione di tendenza, dilatando ovunque, e in modo significativo, la presenza pubblica nell'economia, come risposta immediata, e senza alternative, alle esigenze di stabilità dei sistemi bancari, di tutela del risparmio, di protezione sociale e di sostegno alle famiglie e alle imprese.

Colpisce il quadro di complessiva disarticolazione degli interventi, in larga parte concepiti e attuati in un'ottica essenzialmente nazionale e al di fuori di una preventiva e comune adesione ad un progetto condiviso non solo negli obiettivi, ma anche - e soprattutto - con riferimento alla natura degli strumenti utilizzati.

Questo particolare aspetto suscita specifiche ragioni di preoccupazione per quanto concerne i Paesi dell'Unione Europea, dove l'assenza di adeguati meccanismi di coordinamento rischia, in prospettiva, di mettere a dura prova l'avanzamento del processo di integrazione e la complessiva tenuta del quadro di regole e vincoli comunitari in tema di politiche economiche e commerciali.

Oltre che interrogarsi sulla possibile durata della crisi, è quindi quanto mai opportuno, per l'Unione Europea, e per il futuro di ciascuno dei suoi Paesi membri, riflettere su quali potranno esserne le ripercussioni sul progetto di integrazione, in termini di ragioni ideali, contesto istituzionale, condizioni politiche e sociali, opportunità e convenienze economiche.

Recenti statistiche e previsioni economiche indicano l'Italia tra i Paesi meno duramente colpiti dallo tsunami finanziario e dalle sue ricadute sull'economia reale.

Un minore grado di internazionalizzazione del nostro sistema bancario, un'elevata propensione media al risparmio e uno sviluppo relativamente contenuto del credito al consumo, hanno certamente contribuito a limitare i danni e ad evitare il ricorso a misure emergenziali di intervento pubblico analoghe, per tipologia e dimensioni, a quelle che molti Paesi hanno posto in essere per scongiurare gli esiti disastrosi di una drammatica crisi di liquidità.

L'OCSE ci colloca, insieme a Francia e Cina, tra i Paesi che per primi potrebbero tornare a crescere e dati incoraggianti emergono anche dall'ultimo rapporto Istat che segnala come, nei primi mesi del 2009, circa un terzo delle imprese italiane, prevalentemente di piccola e media dimensione, abbia addirittura aumentato le proprie esportazioni rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Si tratta indubbiamente, se confermati, di segnali confortanti, ma indulgere a facili ottimismi sarebbe incauto e pericoloso.

Lo scenario complessivo rimane, infatti, condizionato da forti elementi di incertezza, sia sul piano delle variabili esterne, collegate alle prospettive di ripresa della domanda internazionale, sia su quello dei fattori e dei vincoli interni che influenzano le potenzialità di sviluppo del nostro sistema economico.

Un debito pubblico tra i più elevati al mondo, una forte dipendenza energetica e una dotazione infrastrutturale complessivamente deficitaria incidono pesantemente sul costo dei fattori produttivi e sulla competitività delle nostre imprese.

Da questi elementi, come è noto, dipende in larga misura il divario che da anni caratterizza i tassi di crescita del reddito e della produttività del Paese rispetto a quelli dei nostri principali partner commerciali.

Ad essi si aggiungono una incompleta o insufficiente modernizzazione del nostro apparato amministrativo, l'eccessiva complessità del quadro normativo che rischia di minare perfino lo stesso principio della certezza del diritto, l'inefficienza di numerosi servizi pubblici, le inadeguatezze di una regolazione dell'attività economica in molti settori ancora ingiustificatamente restrittiva, quando talvolta non apertamente protezionistica e spesso scarsamente orientata ad una efficace tutela dei consumatori.

In questi ambiti molto resta da fare al fine di riavviare il nostro sistema economico su un percorso virtuoso di crescita della produttività, del reddito e del benessere collettivo.

Occorre, innanzitutto, consolidare i progressi sin qui realizzati in direzione di una maggiore liberalizzazione e apertura concorrenziale dei mercati, mettendo al riparo quanto già acquisito da inopportuni tentativi di restaurazione.

Serie ed efficaci politiche di riforma si impongono in settori pubblici strategici, come l'istruzione, la ricerca scientifica e la giustizia civile, da cui, in larga misura, dipendono fattori essenziali e determinanti della produttività e della crescita dell'economia nazionale, quali la disponibilità e la qualità del capitale umano, il tasso di partecipazione ai processi produttivi ed il livello di mobilità sociale, l'effettiva tutela dei diritti di proprietà e la certezza ed efficienza delle transazioni economiche.

Si tratta di temi che costituiscono, da anni, il terreno privilegiato dell'intensa attività istituzionale svolta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nell'esercizio dei propri poteri consultivi e di segnalazione, relativamente alle disposizioni normative, già in essere o in corso di approvazione, che in vario modo ostacolano il corretto funzionamento e lo sviluppo della concorrenza.

Un'attività che trova naturale completamento nelle ulteriori competenze più recentemente attribuite all'Autorità in sede di recepimento delle direttive comunitarie in materia di tutela del consumatore nei confronti delle pratiche commerciali scorrette.

Il rigore e l'efficacia con le quali l'Autorità ha tempestivamente iniziato ad esercitare tali competenze, oltre a formare oggetto di espresso apprezzamento da parte della Commissione europea, esaltano il ruolo centrale dell'Istituzione a presidio di una disciplina dell'attività economica più decisamente orientata a garantire, attraverso la correttezza del confronto concorrenziale, la piena valorizzazione dei meriti e delle capacità nell'interesse primario del consumatore.

Si tratta, quindi, di proseguire lungo questa strada, sempre più convinti che solo il funzionamento di un consolidato sistema di garanzie è in grado di contribuire alla crescita economica del Paese e al rafforzamento della sua coscienza civile.

Sono certo che anche la annuale relazione fornirà a tutti un importante contributo in tal senso.
Grazie.