Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

23/06/2009

Montecitorio, Sala della Lupa - Convegno sul tema "I nuovi comuni nella Repubblica Federale. La carta delle autonomie"

Autorità, Signore e Signori!

Sono particolarmente lieto di ospitare alla Camera dei deputati questo Convegno di studio promosso dal Presidente Enzo Bianco - che ringrazio vivamente - con il concorso di illustri personalità del Parlamento, del Governo, del mondo degli enti locali e con la partecipazione di studiosi di grande valore.

Questa è un'occasione preziosa per riflettere sull'evoluzione del ruolo dei comuni e, più in generale, degli enti locali, nell'era del federalismo e della riforma del regime della finanza pubblica predisposta in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.

Non compete, ovviamente, al Presidente della Camera dei deputati offrire specifiche soluzioni al dibattito politico-istituzionale che è in corso e che richiede un'attenta ed equilibrata riconsiderazione del quadro d'insieme.

Alcune considerazioni di "sistema", se così posso dire, necessitano, tuttavia, di essere sviluppate per meglio individuare alcuni punti critici del complesso funzionamento delle autonomie territoriali.

Come è noto, quando si parla di necessario riassetto dell'ordinamento degli enti locali, uno dei temi ricorrenti è proprio quello del "riequilibrio dei poteri".

E' unanimemente riconosciuto che l'assetto introdotto negli anni novanta (in particolare, con le leggi nn. 142 del 1990 e 81 del 1993) se, da un lato, ha assicurato stabilità e governabilità alle amministrazioni locali, dall'altro, ha prodotto di fatto un deciso sbilanciamento dei poteri a favore dei sindaci e a danno del confronto assembleare che, il più delle volte, viene vissuto come un fastidioso momento di appesantimento del percorso decisionale.

In altre parole, mentre il potere di governo, giustamente consegnato nelle mani dei sindaci, si è manifestato pieno e forte, quello di indirizzo e di controllo, attribuito ai consigli comunali, è rimasto largamente sulla carta, comunque esiguo e debole. Di qui il senso di frustrazione e inutilità presente in tutti coloro che fanno parte dei consigli, indipendentemente dal fatto che appartengano alla maggioranza o all'opposizione.

E' parso, in più casi, che il principio della democrazia rappresentativa, solennemente enunciato nella costruzione di sistema, sia sbandato in senso monocratico nella sua gestione. Generale, in ogni caso, è stato il senso di impotenza e di frustrazione dei consigli.

Il punto, ovviamente, non è di sottrarre fette del potere di governo ai sindaci, trasferendole ai rispettivi consigli, ma di rendere effettivo e pregnante il potere di indirizzo e controllo di questi.

Dunque, anziché di "riequilibrio", dovremmo piuttosto parlare di "valorizzazione" delle assemblee elettive cui occorre restituire il vero ruolo di centralità democratica.

Per rendere, quindi, degne del loro "antico" ruolo le assemblee elettive comunali, è indispensabile riportare in quest'ultime il dibattito sulle scelte amministrative fondamentali che incidono sulla vita dei cittadini.

Si potrebbe mettere mano, ad esempio, all'elenco di funzioni attribuite ai consigli comunali dal testo unico degli enti locali, implementandolo con ulteriori competenze sia di controllo, sia di indirizzo, sia anche di carattere amministrativo generale.

Ciò anche perché solo il dibattito interno al consiglio comunale è in grado di assicurare la trasparenza e la pubblicità delle decisioni amministrative, pur nel rispetto dei diversi ruoli che rivestono le forze consiliari di maggioranza e di opposizione.

Del resto, le scelte adottate con la massima trasparenza e pubblicità esaltano il principio di responsabilità, che è alla base dell'ordinamento democratico.

Molto attuale, inoltre, è il dibattito sugli enti locali in relazione ai gravi problemi di natura finanziaria che vivono quest'ultimi, alcune volte originati da scelte amministrative assunte senza quella ponderazione che solo la presenza di adeguati meccanismi di controllo preventivo può garantire.

In omaggio all'autonomia degli enti locali, il legislatore ha riformato radicalmente il sistema di controllo sulla legittimità dell'azione amministrativa che il Costituente del '48 aveva previsto a garanzia del corretto utilizzo delle risorse pubbliche e della finalizzazione all'interesse pubblico dell'azione amministrativa (mi riferisco all'articolo 130 della Carta fondamentale abrogato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001).

La verità, se vogliamo essere intellettualmente onesti, è che gli attuali meccanismi di controllo, siano essi interni (controllo di gestione e controllo strategico), oppure successivi ed eventuali, non sono idonei ad assicurare la piena correttezza dell'agire amministrativo, ciò anche a prescindere dall'intenzionalità di chi pone in essere atti non conformi alla legge.

L'estrema farraginosità del nostro ordinamento giuridico ed amministrativo certamente non consente, a chi riveste cariche pubbliche, di avere la certezza di agire sempre nel pieno rispetto delle regole.

La semplificazione, pertanto, è la prima premessa indispensabile per garantire la buona amministrazione.

Regole chiare e non interpretabili in maniera discrezionale aiutano chi vuole perseguire esclusivamente l'interesse pubblico ed evitano che, chi non riesce, o non vuole agire nell'interesse della comunità, si autogiustifichi invocando la complessità dell'azione amministrativa.

Sotto questo profilo, è necessario assicurare una ragionevole, tendenziale stabilità del quadro normativo complessivo, così da impedire all'eccessiva frequenza del cosiddetto "ius superveniens" di minare lo stesso principio della certezza del diritto attraverso l'accavallamento confuso di norme che disorientano persino gli operatori culturalmente più attrezzati.

Ciò detto, forte è l'auspicio che, nell'ambito di un più ampio dibattito sulle riforme da realizzare per modernizzare il Paese, si trovi, anche attraverso una cauta e ragionata riforma costituzionale condivisa da tutte le forze politiche, uno spazio per riflettere su moderni meccanismi di controllo, che ovviamente non ci riporti all'epoca dei CORECO.

Da ultimo, fermo restando che non è questa la sede per affrontare il complesso ed articolato tema dei servizi pubblici locali, che necessiterebbe di uno specifico momento di approfondimento, vorrei sottoporre all'attenzione di questo qualificato uditorio alcune brevi riflessioni di merito.

E' indubbio che la degenerazione della politica ha trovato, non di rado, terreno fertile nella gestione opaca e non chiara dei servizi pubblici locali che, invece di rappresentare dei veri e propri "servizi" rivolti alla cittadinanza, si sono spesso dimostrati "serventi" rispetto ad esigenze inconfessabili del ceto politico di questo o quel colore.

La politica non è sempre stata aliena dall'utilizzare le strutture dedicate all'erogazione dei servizi pubblici anche per soddisfare "clientele" di varia natura, senza porsi, al contrario, obiettivi di qualità ed efficienza dei servizi offerti.

Numerose sono state le riforme varate in questo settore nel corso di questi ultimi anni. Molte di queste, alla prova dei fatti, hanno dimostrato di non essere state idonee a garantire un quadro certo di regole e, soprattutto, di limitare la tendenza al nuovo "socialismo municipale", che sottrae spazi al mercato e scarica le inefficienze sulle spalle di inconsapevoli contribuenti.

Occorre, e bisogna avere il coraggio di dirlo, una decisa svolta che metta al centro degli interessi i cittadini "utenti-contribuenti" e che non sia finalizzata unicamente alla tutela dell'esistente, spesso giustificata, in maniera pretestuosa, con la mera necessità di difendere gli spazi garantiti alle municipalizzate contro il presunto pericolo rappresentato dal ricorso al libero mercato.

Credo, piuttosto, che, in questo settore, rappresenti non certo un rischio, bensì un deterrente ai comportamenti poco virtuosi, l'erogazione di servizi pubblici e primari.

Spetta alle forze politiche tutte avviare una riflessione attenta per introdurre nuovi meccanismi che consentano di individuare, nel rispetto dei princìpi di competitività, i gestori dei servizi pubblici unicamente avendo come obiettivi quelli della qualità, dell'efficienza e del minor costo possibile per gli utenti a prescindere dalla natura pubblica o privata degli stessi gestori.

In sintesi, è in questo rilancio progettuale che, a mio avviso, sta il dato istituzionale saliente da valorizzare, per meglio corrispondere alle attese dei cittadini e per garantire quel "buon governo" da cui dipende la credibilità del Paese agli occhi dell'Europa.

Grazie.