Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

02/07/2009

Montecitorio, Sala della Lupa - Presentazione del rapporto dell'Associazione Italiadecide sulle politiche pubbliche per le infrastrutture di interesse nazionale

La Camera dei deputati è lieta di ospitare la presentazione del "Rapporto sulle politiche pubbliche per le infrastrutture di interesse nazionale", realizzato dall'Associazione "Italiadecide".

Ringrazio il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per la presenza che testimonia l'importanza dell'iniziativa.

Un deferente e caro saluto al Presidente Emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che dell'Associazione promotrice della ricerca è il Presidente onorario.

Saluto il Direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, e i relatori: il Presidente Luciano Violante, il Presidente Vasco Errani, il dottor Andrea Guerra, il Ministro dell'Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti.

Le tante personalità intervenute, che ringrazio, rendono evidente che è oggi presente in questa sala una rappresentanza molto qualificata, e politicamente molto ampia, della classe dirigente italiana.

E' già, questo, un dato significativo che esprime l'attesa, diffusa ovunque nel Paese, di risposte concrete al bisogno reale di rendere più celeri e più trasparenti alcuni aspetti del nostro complesso processo decisionale.

Sappiamo che, per essere davvero incisive, le innovazioni devono essere armoniche e coerenti tra loro, animate da uno spirito pragmatico, calate nella realtà della situazione.

Il tema delle infrastrutture spiega, forse più di ogni altro, questa apparentemente banale considerazione.

La necessità di dotare l'Italia di grandi opere all'altezza degli attuali bisogni del Paese è indiscutibile e di fatti nessuno la discute. Lo svantaggio competitivo accumulato in questo campo nei confronti di altri paesi, soprattutto europei, non è più tollerabile.

L'handicap accumulato si traduce in rischi concreti: marginalizzazione dell'Italia rispetto alle grandi direttrici dei traffici internazionali; grave e pericolosa congestione del trasporto su strada; crescenti costi ambientali; bassa qualità dei servizi pubblici e conseguente forte disagio dei "cittadini-utenti".

Queste antiche e gravi difficoltà non si possono superare senza una strategia comune a tutte le istituzioni e, perciò, in grado di risolvere i molti problemi che affliggono la decisione pubblica in materia di grandi opere.

Penso alla sempre più avvertita necessità, specie in tempi di crisi, di coinvolgere maggiormente il capitale privato nella realizzazione di nuove opere ed infrastrutture, ma anche nell'ammodernamento e nella manutenzione delle opere già esistenti e nella modernizzazione dei servizi e delle forniture già in essere.

Penso soprattutto alla necessità ormai ineludibile di superare la frammentazione e la confusione istituzionale che sono la causa primaria del contenzioso giurisdizionale che blocca la realizzazione delle opere.

E', al riguardo, urgente dar corso ad una condivisa riforma costituzionale che razionalizzi e chiarisca il riparto delle competenze e delle responsabilità tra i vari livelli amministrativi, perché solo così si possono evitare al fine di evitare sovrapposizioni di competenze e rallentamenti nell'iter decisionale.

Come evidenzia il Rapporto, decidere sulle infrastrutture presuppone la conoscenza in profondità del territorio italiano: una realtà estremamente complessa e diversificata, ricchissima di risorse in buona parte inutilizzate proprio perché non ancora sufficientemente messe in relazione fra loro e con il resto d'Europa.

L'Italia delle aree metropolitane, dei distretti industriali, dei centri di eccellenza nella ricerca non può rimanere un mosaico composto di tante tessere, ognuna delle quali capace di brillare di luce propria, ma che poi trova difficoltà, pressoché insormontabili, ad inserirsi in un disegno più vasto. E ciò accade per via dell'insufficienza dei supporti materiali e immateriali che aiutano un paese moderno a fare rete.

Tutti dobbiamo avvertire il dovere di eliminare l'arretratezza e le rendite di posizione che traggono vantaggio dalla prassi costante della non decisione, del rinvio e dei veti incrociati. E' necessario semplificare in modo deciso gli oneri normativi ed amministrativi, perché solo così si può realizzare una serie di grandi opere che costituisca l'ossatura di un piano nazionale di sviluppo per l'Italia intera.

A mio avviso, il Rapporto ha il grande merito di guardare alle infrastrutture di interesse nazionale come ad una metafora della nazione e della coesione nazionale, nel senso che non c'è, né ci può essere, interesse nazionale se non c'è coesione nazionale.

Ed è onesto ammettere che i maggiori problemi che la realizzazione di grandi infrastrutture hanno incontrato in questi anni sono attribuibili proprio ad una scarsa coesione nazionale.

Anche per questo le cause delle difficoltà più recenti vanno ricercate in primo luogo nella lunga e confusa transizione derivata dalla "ridefinizione" dei rapporti tra i grandi partiti nazionali e tra le componenti territoriali, politiche e sociali del nostro Paese; una "ridefinizione" dei rapporti e dei ruoli che ha reso più difficili quei processi decisionali che presuppongono un'idea condivisa del Paese e del suo futuro, che ha il suo baricentro nella Repubblica e nel suo bene.

Il Rapporto dell'Associazione "Italiadecide" afferma che oggi ci sono le condizioni per concludere la fin troppo lunga transizione e propone di farlo portando innanzitutto a compimento i processi di trasformazione in corso.

Le riforme, già avviate, del federalismo fiscale e del coordinamento della finanza pubblica sono indicate come la giusta cornice per reinquadrare i processi decisionali in materia di grandi infrastrutture di interesse nazionale, attraverso un riordino dei poteri in senso territoriale fondato sulla implementazione di quei princìpi che garantiscono l'unità giuridica ed economica del Paese e il perseguimento di interessi vitali dell'intera comunità nazionale.

Dobbiamo avere piena consapevolezza che l'enunciazione del nuovo testo dell'articolo 114 della Costituzione secondo la quale la Repubblica è costituita dai comuni, dalle province, dalle autorità metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato ha un significato opposto a quello che gli è stato talvolta attribuito.

La disposizione non indica, infatti, una indifferenziata parificazione degli enti territoriali, ma li vincola, al contrario, al rispetto di un fermo principio di responsabilità nazionale; la Costituzione ci invita a leggere l'autonomia non in termini di autoreferenzialità, bensì come strumento per aumentare le valenze relazionali dei nostri territori e dei sistemi produttivi che su di essi insistono.

A questo riguardo, non si può non essere in sintonia con l'analisi e con l'indicazione di fondo contenuta nel Rapporto. Non perché si debbano condividere meno altre conclusioni valide ed interessanti, bensì perché le stesse si raccordano con alcune indicazioni sulle quali da tempo si insiste nella ricerca dei presupposti di un nuovo, concreto, realistico patriottismo repubblicano. Non a caso, e a mio avviso giustamente, di patriottismo consapevole parla anche l'Associazione "Italiadecide" nel suo "Manifesto".

Se è vero che siamo di fronte a scelte che chiamano in causa in primo luogo il ruolo del Governo, del Parlamento e dell'intero sistema delle autonomie, che, essendo parte integrante della Repubblica, è chiamato unitariamente a condividerne le complessive responsabilità, dobbiamo essere fortemente coscienti che sono proprio le scelte che impegnano un orizzonte temporale medio-lungo a costituire il banco di prova cruciale per la credibilità delle istituzioni e per la indispensabile continuità della loro azione.

In questo senso, la buona decisione non è quella che scocca come un fulmine a ciel sereno, ma è piuttosto il risultato di un processo ampiamente partecipato di formazione della volontà politica che in democrazia deve seguire regole precise.

Come ha detto il Presidente Ciampi in un intervento di qualche anno fa, "il decidere è un atto complesso che esige metodo. Il metodo non annulla le difficoltà, le rende solo più "governabili". L'einaudiano "conoscere per deliberare", in sostanza, intende proprio questo: scomporre il problema, per esaminarlo nelle sue varie componenti, rilevandone le connessioni, le eventuali incoerenze, le possibili incompatibilità tra le diverse parti. Esaurito tale processo, al travaglio del decidere subentra la serenità dell'avere scelto".