Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

07/04/2011

Montecitorio, Sala del Mappamondo - Indirizzo di saluto alla Riunione della Commissione Generale Affari politici ed interni della Dimensione parlamentare dell'InCE

Sono particolarmente lieto di portare il saluto della Camera dei deputati ai partecipanti a questa riunione della Commissione Affari politici ed interni dell'Assemblea parlamentare dell'InCE, che per la seconda volta torna a riunirsi a Palazzo Montecitorio.

Saluto in particolare il Sottosegretario agli Affari esteri, senatore Alfredo Mantica, il Segretario generale dell'InCE, ambasciatore Gerhard Pfanzelter, il Presidente della Commissione Affari politici ed interni dell'Assemblea, l'amico e collega Roberto Antonione, ed i presidenti delle Delegazioni parlamentari dei diciotto Stati membri.

Nata come iniziativa quadrilaterale a soli due giorni dalla caduta del Muro di Berlino, l'InCE ha saputo dare vita ad una forma inedita di collaborazione regionale nello scacchiere europeo, ponendosi come struttura intermedia di integrazione e di cooperazione rivolta ad un area tradizionalmente segnata da una forte disomogeneità politica ed economica.

L'Iniziativa ha rappresentato in primo luogo la sede multilaterale più idonea per agevolare il superamento della "logica dei blocchi", avvicinando Paesi che appartenevano a schieramenti politico-militari contrapposti e contribuendo in misura significativa a creare il clima politico del dopo guerra fredda.

Anche grazie all'InCE, un crescente numero di democrazie dell'Europa sud-orientale ha potuto non soltanto integrarsi nelle grandi organizzazioni multilaterali del campo occidentale, ma superare l'endemico clima di ostilità e di nazionalismo esasperato che caratterizza un'area geopolitica che, come scriveva Churchill, "ha prodotto più storia di quanta non ne potesse digerire".

Nel 1990 si realizza il primo allargamento dell'InCE attraverso l'adesione della Cecoslovacchia, poi formalizzato nel corso del Vertice di Venezia dello stesso anno, che sancisce il passaggio dalla Quadrangolare alla Pentagonale.

In poco più di un ventennio l'InCE ha dimostrato tutta la sua vitalità e flessibilità operativa, modificando più volte la propria missione istituzionale. Essa smentisce i consolidati teoremi sull'"auto-referenzialità" delle organizzazioni internazionali, qualificandosi sempre più non solo come foro di dialogo politico intergovernativo ed interparlamentare, ma come un efficace snodo di cooperazione regionale.

Molti risultati di rilievo sono stati già raggiunti anche mediante la creazione di una vera e propria dimensione economica dell'Iniziativa e con la creazione di appositi network nei settori delle università e della ricerca tecnologica.

E' proprio la cooperazione regionale in questi ambiti che dimostra quanto i Paesi dell'Europa centro e sud orientale siano in grado di collaborare, come siano capaci di mettere da parte dubbi e resistenze per dare vita ad efficaci iniziative comuni.

In tale contesto sono altresì convinto che l'Italia - recuperando la brillante intuizione che fu della nostra diplomazia nel promuovere la prima Quadrangolare - possa e debba continuare a fornire, attraverso l'InCE, un contributo decisivo allo sviluppo dell'area, ponendosi quale catalizzatore delle energie di una regione dinamica e vitale che va da Trieste a Kiev.

Per fare questo, credo che l'InCE, più di altri raggruppamenti regionali, possa favorire l'allargamento a sud-est dell'Unione europea, attraverso la definizione di uno spazio economico capace di integrarsi più facilmente con le economie dell'Europa comunitaria.

La formazione di tale spazio è oggi condizionato soprattutto dalla carenza di grandi reti infrastrutturali, dalla pluralità di normative doganali.

Il processo di "europeizzazione" della regione implica inoltre una più stretta cooperazione parlamentare nella definizione degli interventi legislativi per l'assimilazione dell'acquis comunitario, per l'adozione di una legislazione commerciale di libero accesso dei prodotti dell'area ai grandi mercati dell'Europa a ventisette, per la definizione di accordi infraregionali di cooperazione commerciale.

A tale proposito ritengo che le potenzialità insite nel network universitario dell'InCE possano essere ulteriormente sviluppate e portare alla definizione di progetti multilaterali di alta specializzazione, con la partecipazione di atenei dei diversi Paesi dell'area, intesi alla formazione di esperti nel settore dello sviluppo economico e delle politiche di armonizzazione comunitaria.

Oltre a svolgere una funzione propedeutica rispetto ai futuri allargamenti dell'Unione, l'InCE ha soprattutto offerto ai Paesi di una regione turbata da tensioni e conflitti un foro di dialogo che contribuisce alla stabilità e allenta il rischio dell'insorgere di nuove linee divisorie in un Europa ampliata da successivi allargamenti.

D'altro canto - nella convinzione della validità di tale strumento anche dopo l'ingresso nell'Unione Europea di suoi Paesi membri candidati all'adesione - occorre una riflessione sul futuro dell'InCE rispetto al contesto delle organizzazioni regionali che si intersecano nell'area, rispetto alle strategie dell'Unione europea, non ultime quelle "macroregionali", e rispetto ad un ulteriore allargamento dell'Iniziativa.

E' importante avviare questa riflessione - e sono certo che il ministro Belloni, il professor Caracciolo e l'ambasciatore Fagiolo sapranno fornire utilissime indicazioni in proposito - poiché l'InCE resta uno strumento insostituibile di collaborazione con quei Paesi membri le cui prospettive di adesione sono meno ravvicinate, oltre che un'efficace sede di concertazione tra i Paesi dell'area, in grado di contribuire alla crescita democratica, economica e sociale.

Per quanto riguarda le altre organizzazioni regionali - e penso soprattutto a quelle a cui partecipa l'Italia, come l'Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI), che si riunirà fra pochi giorni a Budva, in Montenegro, a livello di Presidenti dei Parlamenti degli Stati membri - il primo rischio da evitare è l'assenza di sinergie.

Il riferimento all'Iniziativa Adriatico-Ionica mi permette di tornare sul tema - attualissimo e centrale - delle "macroregioni comunitarie": allo stato attuale è operativa la Strategia per la macroregione baltica, mentre a sua volta la strategia per la macroregione danubiana (che investe Germania, Austria, Slovacchia, Repubblica ceca, Ungheria, Slovenia, Croazia, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Romania, Bulgaria, Moldova e Ucraina) è stata già presentata dai Paesi membri alla Commissione europea ed è in attesa di approvazione da parte del Consiglio europeo.

L'Italia, insieme a Grecia e Slovenia, sostiene la messa a punto di una strategia adriatico-ionica convinta che nel contesto attuale non possa mancare un'iniziativa che si sviluppi attorno ad una macro-regione del fianco sud dell'Europa.

In questo quadro si aprono quindi nuove prospettive anche per l'InCE, tenendo conto che nella macroregione adriatico-ionica (proposta dall'Italia in occasione del XII Consiglio dell'Iniziativa Adriatico-Ionica svoltosi ad Ancona il 5 maggio scorso) sono coinvolti otto Paesi, sette dei quali membri dell'InCE.

Prende consistenza, quindi, uno scenario che può rappresentare un'ulteriore occasione per ridefinire l'azione dell'InCE come strumento che interagisca con tali sviluppi.

Vi è infine la possibilità di un ampliamento della stessa dimensione territoriale dell'Iniziativa: è una possibilità che vale la pena di esplorare avendo sempre in mente le priorità, i modi con cui attuarle e le risorse necessarie. Si tratta di una scelta politica rilevante che spetterà ai governi fare: ciò non toglie tuttavia che i Parlamenti possano svolgere, sotto diversi punti di vista, un ruolo importante integrando positivamente l'azione degli esecutivi.

Spetta infatti ai Parlamenti il compito di dibattere e di decidere sulle grandi opzioni politico-sociali che orienteranno il futuro dei cittadini, al di sopra dei problemi contingenti che rendono meno flessibile l'azione dei governi. E' per questo che occorre avere la capacità di pensare al futuro, di sapersi proiettare in scenari possibili e anche di osare, per costruire un futuro migliore e rispondere meglio alle aspettative delle società del XXI secolo.

In conclusione, per l'Italia l'InCE costituisce un importante quadro di riferimento della collaborazione con i Paesi dell'Europa centrale e sud orientale. A riprova di ciò mi preme ricordare che il Parlamento italiano ha recentemente approvato il rifinanziamento del Trust Fund InCE presso la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), fondo sostenuto totalmente dall'Italia con il quale vengono finanziati studi di fattibilità direttamente connessi alla realizzazione di progetti a supporto della transizione economica e sociale dei Paesi dell'area InCE.

La Camera dei deputati ha dato e continuerà a dare quindi un convinto sostegno all'InCE non soltanto assicurando un attivo contributo ai lavori dell'Assemblea parlamentare, ma anche promuovendo un'intensificazione dei rapporti bilaterali con i Parlamenti degli Stati membri.

E' infatti condivisa la consapevolezza che i popoli dell'Europa centro e sud orientale siano chiamati a fornire, per la varietà, lo spessore e la ricchezza delle loro tradizioni culturali, un contributo decisivo alla riaggregazione di un Continente troppo a lungo diviso e altresì al rafforzamento dei canali di contatto, divenuti assai esili in questi ultimi anni, tra l'Europa e la sponda meridionale del Mediterraneo.

Penso che, in nuce, la missione dell'InCE risieda soprattutto nella ricomposizione di un'area pienamente integrata nel resto del Continente, non più frammentata al suo interno da divisioni ideologiche o da rivalità etniche, ma parte integrante di un'Europa finalmente riunificata e riconciliata con il proprio passato.