Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

24/05/2011

Montecitorio, Sala della Lupa – Presentazione dei discorsi parlamentari di Alessandro Natta, alla presenza del Presidente della Repubblica

Autorità, signore, signori!

La Camera dei deputati rende oggi omaggio alla figura di Alessandro Natta in occasione del decennale della scomparsa.

Desidero innanzi tutto rivolgere il mio più cordiale benvenuto al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ancora una volta ci onora con la sua presenza.

Un saluto e un ringraziamento agli illustri relatori: Gerardo Bianco, Piero Fassino (a cui formulo i più fervidi auguri per la sua recente elezione a sindaco di Torino) Giuseppe Pisanu, Aldo Tortorella.

Un saluto particolare alla figlia dell'illustre uomo politico, Antonella Natta, che ringrazio per la sua presenza oggi tra noi.

In occasione di questa manifestazione presentiamo la pubblicazione dei Discorsi parlamentari di Natta, un'opera che ci permette di ripercorrerne l'importante azione al servizio delle Istituzioni e di riscoprirne il significativo contributo all'evoluzione della vita democratica in Italia.

L'uomo politico che oggi ricordiamo ha interpretato con autorevolezza e prestigio i valori ideali e costituzionali che sono alla base della dialettica politica nell'Italia repubblicana. E lo ha fatto sia attraverso il suo lungo impegno parlamentare, profuso sempre con intensità e dedizione, sia attraverso gli alti incarichi assunti nel suo partito, in un percorso politico culminato con la leadership nel Pci, di cui fu segretario generale tra il 1984 e il 1988.

Una delle grandi questioni italiane, negli anni delle più alte responsabilità politiche di Natta, era la necessità di imprimere una svolta all'evoluzione democratica e di allargare la base dei diritti sociali in un Paese attraversato da forti domande di cambiamento.

Elemento fortemente problematico era però il quadro internazionale dominato dalla guerra fredda: da un lato c'era la generale condivisione, da parte delle forze politiche, dei grandi obiettivi di promozione sociale che traevano ispirazione dal dettato costituzionale, dall'altra agivano negativamente le rigidità e le tensioni prodotte dal conflitto ideologico del cosiddetto "secolo breve".

La scelta compiuta dai maggiori partiti in quello che è stato sicuramente uno dei decenni più complessi e drammatici della storia repubblicana, gli anni Settanta, fu la scelta del dialogo e della collaborazione, che, come è noto, sfociò nel decisivo sostegno del Pci a governi dall'amplissima base parlamentare.

Alla definizione e all'attuazione di quella scelta Natta partecipò attivamente, in virtù della sua vicinanza con Berlinguer e in virtù del cruciale ruolo parlamentare svolto in quegli anni. Nel periodo dei due esecutivi appoggiati dal Pci, tra il 1976 e il 1979, egli fu Presidente del Gruppo comunista alla Camera, carica che aveva assunto nel 1972 e che mantenne fino al 1979.

Quell'importante e delicato compito fu svolto da Natta con equilibrio e alto senso di responsabilità politico istituzionale. Nella sua qualità di componente del gruppo dirigente del Pci, Alessandro Natta si era formato - come osserva Tortorella nell'interessante introduzione all'opera che presentiamo oggi- in modo particolare sul lavoro parlamentare, di cui conosceva e svolgeva egregiamente tutti i profili.

Fu particolarmente attento alla necessità di difesa della democrazia dall'attacco terroristico. Numerosi e ampi sono i suoi interventi sul dramma vissuto dal Paese nella cupa e dolorosa fase degli anni di piombo. "L'unità delle forze democratiche -osserva in una seduta alla Camera dell'ottobre 1978- costituisce la base indispensabile per uscire dalla crisi e per rinnovare il nostro Paese, per salvaguardare da ogni attentato terroristico e cospirazione eversiva il patrimonio comune e il patto unitario e per far progredire la Repubblica secondo il disegno innovatore della Costituzione".

Il giudizio sulla stagione di collaborazione tra Pci e Dc continua a essere oggetto di intensa discussione in sede storiografica. Quel dialogo rappresentò un tentativo di alto profilo e di vasto respiro per offrire nuovi traguardi alla democrazia nel nostro Paese, ma non fu esente da contraddizioni e tutto sommato non riuscì a superare i limiti oggettivi di un quadro storico complesso e difficile.

Spettò proprio a Natta il compito di sancire la fine di quella esperienza annunciando l'uscita dei comunisti dalla maggioranza in un discorso tenuto alla Camera il 30 gennaio del 1979. In quell'occasione rilevò che il suo partito riteneva fosse giunto il momento di andare oltre l'impegno "positivo" e "responsabile" per proporre alla Dc una "collaborazione piena, un legame operativo" in vista di "un cambiamento di fondo negli orientamenti, nei rapporti, nella direzione politica del Paese".

Emerse con chiarezza , alla fine di quella fase, la non coincidenza tra la politica del confronto attuata dalla Dc di Zaccagnini e la strategia del compromesso storico perseguita dal Pci di Berlinguer.

Ma, al di là di quella che può essere la valutazione storico politica, va comunque riconosciuto a Natta e ai protagonisti di quella stagione di aver espresso forti idealità e un elevato senso dello Stato, in un momento di alta tensione morale che rimane nella memoria della Repubblica.

Quella esperienza ci ricorda inoltre, dopo più di trent'anni, che occorre sempre il comune ancoraggio nei valori democratici e costituzionali da parte delle forze politiche, pur nella diversità delle loro culture e nel carattere reciprocamente alternativo delle loro proposte.

Il momento della più alta responsabilità politica di Natta venne negli anni in cui fu segretario del Pci. Aveva l'arduo compito di guidare un partito improvvisamente e traumaticamente privato del carisma e della leadership di Berlinguer. E compì egregiamente la sua missione richiamando il gruppo dirigente del Pci all'impegno unitario grazie alle sue doti di equilibrio e alla sua capacità di visione politica.

Fu un periodo di grandi discussioni, sia all'interno della sinistra sia nel più generale mondo della politica italiana. L'età delle ideologie era alla conclusione. E si era alla ricerca di nuove sintesi politico culturali. Il Paese, in quella inquieta seconda metà degli anni Ottanta, attendeva una svolta e un cambiamento. Ma il sistema politico e le formule di governo sembravano bloccate, mentre l'evoluzione delle culture politiche pareva procedere a rilento.

La svolta, come è noto, arrivò improvvisa e impetuosa, con la forte accelerazione storica seguita alla caduta del Muro di Berlino.

Uno dei grandi temi che animavano il dibattito negli anni che precedettero quel mutamento epocale era il rapporto tra politica e modernizzazione. Il timore - che in altre forme e, per certi aspetti, altrettanto drammaticamente si ripropone anche oggi - era che la politica non fosse sufficientemente al passo con il cambiamento tecnologico ed economico in atto nella società.

Quel timore aveva come corrispettivo l'esigenza di permettere alla politica stessa di guidare e indirizzare i processi sociali.

A quel tema Natta dedicò, tra le altre, importanti riflessioni nel suo ultimo discorso alla Camera, tenuto nel 1988. E' laddove osserva che l'idea di "modernità a senso unico e obbligato" rappresenta una "presunzione ideologica strumentale".

Agivano, in quella considerazione, le preoccupazioni che erano proprie di un uomo formatosi nel cuore del Novecento, ma che comunque rimangono nella odierna riflessione politica riguardo alle luci e alle ombre dell'età globale.

Agiva però anche un robusto spessore culturale, insieme con una spiccata vocazione intellettuale e una accurata formazione umanistica, tutte qualità che Natta aveva affinato da giovane negli studi alla Scuola Normale di Pisa.

Proprio con il tema degli interessi storico culturali di Natta desidero concludere mio intervento, citando un passo del suo discorso alla Camera sulle celebrazioni per il centenario dell'Unità d'Italia nel 1961: "Noi sappiamo - disse testualmente- che celebrare oggi degnamente il centenario dell'unità nazionale significa ribadire le ragioni ideali del moto risorgimentale, i princìpi dell' indipendenza, della libertà, il concetto dell'autonomia e della laicità dello Stato, significa anche compiere il bilancio critico di questi cento anni di vita della nostra storia unitaria".

Sono riflessioni che acquistano un rilievo forte e pregnante in questo 2011 che vede l'impegno delle Istituzioni e della società civile, in particolar modo grazie al forte impulso e all'alta guida del Presidente Napolitano, per il rilancio dei valori storici, etici e civili dell'unità nazionale nel Centociquantenario del suo compimento.

Di questa storia unitaria uomini come Natta sono parte integrante. E il loro ricordo assume oggi un particolare e intenso quanto doveroso significato civile e nazionale.