Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

12/07/2011

Montecitorio, Sala del Mappamondo – Indirizzo di saluto al Gruppo Parlamentare di Collaborazione Italo-Cileno

Signor Sottosegretario, presidenti del Gruppo di collaborazione, Segretario Generale,

do il benvenuto ai colleghi della Camera dei Deputati cilena che partecipano alla seconda riunione del Gruppo di collaborazione bilaterale, riunito a due anni dal seminario svolto a Valparaiso nel 2009.

Prima di entrare nel merito dei temi del seminario, voglio ricordare che nel 2011 i nostri due Paesi hanno commemorato passaggi fondamentali della loro storia: il 17 marzo scorso l'Italia ha celebrato il 150° anniversario dell'Unità, ricorrenza che si è solennemente rinnovata, il 2 giugno, nel giorno della festa della Repubblica. Il 4 luglio il Cile ha commemorato il bicentenario della nascita del suo Parlamento, che è uno dei più antichi al mondo.

A dispetto della distanza geografica, questa felice concomitanza, che richiama alla memoria la presenza di Giuseppe Garibaldi a Valparaiso negli anni della presidenza di Manuel Montt, rende vicini i due Paesi e, al contempo, li responsabilizza nella riflessione sulle sfide che si pongono oggi alla democrazia rappresentativa.

Tale riflessione deve prendere avvio, a mio avviso, dal comune vissuto di lotte per la conquista della libertà, per il consolidamento dell'identità nazionale e per l'emancipazione civile. Se è stato possibile nei nostri due Paesi ricostruire una radicata coscienza politica e democratica dopo la parentesi dittatoriale, lo si deve innanzitutto al comune codice genetico collettivo, saldamente fondato sui valori del costituzionalismo e del parlamentarismo.

Un essenziale fattore di successo è stato anche l'avere ancorato il processo di rinascita nazionale e democratica al vincolo di appartenenza continentale ed internazionale. Questo fa sì che oggi il Cile goda di solido prestigio in America Latina e nel mondo, come testimoniano la sua partecipazione attiva nei maggiori consessi interregionali, come l'Organizzazione degli Stati Americani, l'OCSE e l' "Accordo del Pacifico". Quanto all'Italia, il nostro ruolo come Paese fondatore del progetto europeo fa oggi dell'Italia un Paese al centro delle dinamiche di cambiamento che stanno interessando il Vecchio Continente e che contribuisce in modo autorevole alla vita delle istituzioni dell'Unione europea.

In questa analisi la dimensione culturale non è secondaria. La comune tradizione umanistica - e penso ai premi Nobel Gabriela Mistral, che nella scelta del suo pseudonimo volle onorare Gabriele D'Annunzio, e Pablo Neruda, che in Italia trascorse un periodo d'esilio cantandone il fascino in alcune bellissime liriche - rende ancor più forte il dialogo privilegiato tra Italia e Cile.

Non è un caso se in occasione della recente visita in Italia del presidente Piñera è stato indetto per il 2013 l'anno del dialogo culturale tra Italia-Cile, dialogo corroborato dall'attivismo della comunità di origine italiana, presente in Cile già dal '700, che esprime un modello più che riuscito di integrazione nel campo economico, culturale e politico, e della quale, come italiani, non possiamo che andare orgogliosi.

Per questo complesso di ragioni - storiche, culturali e politiche - l'amicizia tra i due Paesi rappresenta un punto fermo, insensibile alle alterne vicende della politica, come conferma l'intenso scambio di visite ai più alti livelli istituzionali di questi ultimi anni e l'intensificarsi della collaborazione interparlamentare, anche grazie al lavoro svolto in questi anni dal Gruppo di collaborazione, costituito sulla base del Protocollo del 2004.

Passando al primo tema del seminario odierno (la politica nell'era della globalizzazione e la crisi della politica tradizionale),nell'analisi delle nostre responsabilità non si deve trascurare che la globalizzazione è frutto del processo di democratizzazione delle relazioni globali, processo cui anche i Parlamenti hanno contribuito grazie alla progressiva parlamentarizzazione delle istanze internazionali. Certo, la lezione più efficace sulla crisi dei modelli tradizionali ci giunge da quei cittadini, per lo più giovani, che anche in Paesi a democrazia consolidata come l'Italia o il Cile scelgono la rete, e non più la tessera di un partito, per esprimere il proprio desiderio di impegno civile e politico. Se ciò accade è anche perché i tradizionali strumenti di partecipazione e organizzazione del consenso, i cosiddetti corpi intermedi, anche per effetto della crisi, hanno subito un processo di burocratizzazione e del graduale estraniamento dai bisogni delle persone. Le strutture dello Stato, e con esse i Parlamenti, hanno conseguentemente perso capacità di comprensione e di lettura della realtà.

Il richiamo ai Parlamenti naturalmente coinvolge, oltre ai singoli, i partiti, le lobby, l'adeguatezza delle procedure e dei tempi del "decidere", nonché l'interazione tra "palazzo" e società in un orizzonte amplificato a dismisura da internet. Ed è questo il senso della sessione giustamente incentrata sul tema della politica nell'era di internet e la crisi dei partiti.

E' interessante, a tal proposito, l'analisi condotta dal Garante per le comunicazioni nella sua ultima relazione, presentata di recente qui alla Camera,laddove si parla di "disintermediazione" per indicare il diffondersi sul web di inediti circuiti di comunicazione e d'informazione che spiazzano i partiti ed il loro rapporto con i media tradizionali, cambiando i moduli del proporsi, del comunicare e dell'aggregare, con un impatto sul ruolo stesso del Parlamento.

La tecnologia è indubbiamente centrale nella nostra riflessione e su questo piano non mancano i progressi: la comunicazione via internet è ormai prassi acquisita dai Parlamenti, che almeno a livello regionale, hanno dato vita anche a reti informatiche finalizzate allo scambio di informazioni ed esperienze, come nel caso riuscito della banca dati europea IPEX.

Tuttavia, oltre al doveroso salto tecnologico, ritengo che la rivoluzione digitale ponga come priorità per la politica la questione della selezione dei contenuti e della promozione della capacità di analisi della realtà nel suo complesso. Cito il giornalista statunitense Philip Meyer, l'autore della profezia sulla prossima sparizione dell'informazione su carta stampata, che ha correttamente analizzato che "Internet incoraggia le specializzazioni ed induce i lettori ad assecondare i loro interessi. Questo li porta ad essere ferrati nel loro campo di competenza, ma inadeguati nel valutare la società in cui vivono e le loro opinioni diventano superficiali e frammentate. Questo rappresenta un pericolo per la democrazia, perché riduce la capacità di giudizio complessivo del popolo".

L'approccio acritico alla realtà, insieme alla smaterializzazione dei supporti e dei luoghi di formazione del consenso, rischia di allentare il vincolo di solidarietà civile che tiene insieme un Paese e che dà sostegno di fronte alle avversità, come il nostro passato ci ha insegnato. Il Parlamento conserva il suo ruolo più autentico nella capacità di rappresentare simbolicamente quel vincolo e di dare voce, in modo non virtuale, alle istanze che si esprimono nella nuova realtà pluridimensionale. Non si tratta di contrastare la modernità, tutt'altro, ma di rilanciare attraverso i nuovi codici e canali di comunicazione tutta l'attualità del principio della democrazia autenticamente rappresentativa.

Il tema della terza sessione, il ruolo dell'Europa e dell'America Latina nella stagione della globalizzazione, proietta la questione del ruolo della politica sul piano del rapporto tra macroaree regionali, sollecitando a cogliere il contributo che la nostra Europa e una delle aree emergenti del XXI secolo possono assicurare al contesto globalizzato. Condivido la scala di priorità indicata dal Cancelliere Moreno che, elencando i pilastri della politica estera cui si ispira il Cile, ha assegnato non a caso il primo posto alla difesa dei diritti umani e al rispetto delle regole democratiche, che includono l'impegno per la pace e la sicurezza a livello internazionale, seguiti dai temi dell'economia e del commercio internazionale.

In America Latina sono in corso significativi processi di integrazione regionale di tipo economico e politico, in cui il Cile gioca un ruolo sempre più forte e che sono destinati a consolidare i risultati positivi conseguiti in questi anni in termini di crescita economica e di stabilità. A questo processo l'Unione europea, e con essa l'Italia, deve contribuire offrendo il sostegno e la propria esperienza, non come modello, ma come punto di riferimento utile e proficuo.

Vi ringrazio e auguro buon lavoro.