Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

10/05/2012

Montecitorio, Sala della Lupa – Cerimonia di consegna del Premio “Guido Carli”

Autorità, Onorevoli Colleghi, Signore e Signori!

La Camera dei deputati è particolarmente lieta di ospitare la terza edizione del premio intitolato alla memoria di Guido Carli, il cui conferimento costituisce un'importante occasione per un pubblico riconoscimento ad alcuni protagonisti delle imprese, delle istituzioni pubbliche e della ricerca, che si sono particolarmente distinti per il loro ingegno.

Parte fondamentale della lezione ancor oggi attuale di Carli è, infatti, l'attitudine a considerare il circuito dell'innovazione come un processo virtuoso che deve coinvolgere, parimenti, l'organizzazione creditizia, il "genio" imprenditoriale, l'azione di governo della cosa pubblica.

Questa concezione ha contraddistinto tutto l'impegno istituzionale di Guido Carli, dalla Banca d'Italia alla Confindustria, alle responsabilità ministeriali, non soltanto come necessario complemento e supporto operativo all'elaborazione delle decisioni tecnico-politiche, ma, più in generale, come efficace strumento di formazione culturale e di ricambio della classe dirigente.

Nella produzione scientifica, come negli incarichi pubblici ricoperti, lo stile di Carli fu sempre ispirato ad equilibrio, senso della misura, chiarezza ed intransigenza nel sostenere le proprie convinzioni, che traevano origine dalla profonda adesione ai principi dell'economia liberale che egli cercava di contestualizzare con le esigenze del momento storico di cui fu un indiscusso protagonista, per quasi un ventennio, a partire dagli anni '60 fino agli inizi degli anni '90.

E' in questo lungo arco temporale che si susseguirono, dal punto di vista economico, fasi cicliche assai complesse che Carli, nel suo delicato ruolo di Governatore della Banca Centrale, dal 1960 al 1975, affrontò ricorrendo agli strumenti della politica monetaria.

Carli non era per principio contrario all'intervento della "mano pubblica", che, tuttavia, concepiva soltanto in chiave anticongiunturale e prevalentemente orientato a garantire il corretto funzionamento dei meccanismi di mercato, la tutela del risparmio, la stabilità della moneta, la repressione delle frodi e, certamente non in ultimo, una tassazione giusta e non disincentivante per la crescita.

Al riguardo, egli visse in prima persona il dilemma che suggestivamente evocò con il richiamo alle "due anime di Faust", che, a suo avviso, albergavano, in modo congenito, nel grembo dell'economia e della società italiana, divisa fra la cultura del rigore economico e quella della giustizia sociale da garantirsi con il cosiddetto "Welfare State".

All'interno di questa dialettica, Carli intravedeva la possibilità di un equilibrio dinamico che, pur tenendo conto delle rigidità e degli squilibri strutturali del Paese, fosse comunque ispirato alla necessità di non deformare in senso dirigistico la cultura dell'intervento pubblico, d'ispirazione keynesiana, affermatasi nelle democrazie occidentali nell'immediato secondo dopoguerra.

Da qui, la sua "cultura delle regole" come parte integrante di quello "sforzo continuo di adattamento - cito testualmente quanto affermò in veste di Governatore della Banca d'Italia nelle sue "Considerazioni finali" del 31 maggio 1965 - che è il dato permanente dei sistemi economici fondati sulla rapida innovazione tecnologica e sulla libertà di scelta dei consumatori".

Progressivamente, in Carli, maturò l'idea che solo la fissazione di vincoli esterni, a livello europeo ed internazionale, avrebbe potuto contribuire al miglioramento delle condizioni strutturali del Paese, tramite la creazione di adeguati presìdi giuridici per arginare i rischi dell'invadenza partitica e della debolezza degli investimenti privati causato dai comportamenti anomali dei soggetti pubblici.

"La società verso la quale tende il Trattato di Maastricht - scriveva Carli in un suo saggio del 1992 dal titolo "Riforma del bilancio dello Stato e Unione economica e monetaria" - è la società nella quale si ampliano le opportunità di decisioni degli individui, delle loro associazioni e, più in generale, delle comunità costituite sulla base di una libera espressione di volontà da parte degli associati a livello di regione e di comune".

Queste parole, autenticamente antesignane di quello che allora appariva solo come un orizzonte futuro, mantengono, ancora oggi, una loro intatta validità soprattutto alla luce della grave temperie politica che attualmente attraversa l'intera Europa.

Ne consegue, come numerose volte ha ricordato il Capo dello Stato, che è sempre più necessario far fronte alla crisi con uno sforzo collettivo per il risanamento della finanza pubblica e la riduzione del debito.

Un recente saggio, dal titolo "Né Stato, né Nazione. Italiani senza meta ", scritto da colui che considero uno dei più autorevoli storici italiani (Emilio Gentile), offre lo stimolo per una riflessione: l'Italia, a giudizio dell'Autore, versa oggi in una condizione precaria, sia come Stato che come Nazione.

Ma è proprio dalla lezione di Carli che apprendiamo che se troppo Stato nuoce all'economia, troppa Nazione nuoce all'unità e all'integrazione europea.

Ne discende che al ridimensionamento dei sistemi nazionali di Welfare e dell'intervento pubblico nell'economia non deve corrispondere una diminuzione della incisività ed equità dell'azione delle istituzioni pubbliche, così come una minore enfasi sull'identità e sull'interesse nazionale non deve alimentare la frammentazione interna delle società e l'arretramento nel localismo e nel particolarismo.

Per questo abbiamo inevitabilmente davanti a noi un cammino di riforme non solo economiche ma anche istituzionali da affrontare con un impegno collettivo, non limitato, quindi, al perimetro delle istituzioni, ma che deve coinvolgere tutti i cittadini in uno sforzo corale per superare le angustie del presente e per tornare a nutrire di ideali, condivisi e solidali la nostra convivenza civile a livello nazionale ed europeo.

E credo che si debbano pienamente sottoscrivere le parole che lo stesso Carli pronunciò in un suo intervento nell'Assemblea del Senato, il 7 novembre 1991, "incombe a noi oggi il dovere di dimostrare che questa legislatura ha la capacità di predisporre le condizioni affinché quella che verrà conduca durevolmente il Paese alla stessa posizione di dignità che esso conquistò negli anni Cinquanta, sollevandosi da condizioni più gravi di quelle esistenti ai giorni nostri".

Era il 1991, oggi questa frase è più attuale di quando la pronunciò in quella sede parlamentare, l'Aula del Santo.