Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

12/02/2013

Cerimonia “Il ricordo della Camera dei deputati. Dossetti Costituente. La politica fra Costituzione e orizzonte internazionale”, alla presenza del Presidente della Repubblica - Montecitorio, Sala della Regina

La Camera dei deputati ricorda oggi la figura di Giuseppe Dossetti in occasione del centenario della nascita e lo fa attraverso un convegno organizzato d'intesa con il Comitato per le celebrazioni dossettiane e con la Fondazione per le scienze religiose "Giovanni XXIII".

Un cordiale benvenuto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che anche oggi ci onora della sua presenza.

Al termine di questa legislatura, nella quale ho avuto il privilegio di godere, quale Presidente della Camera, della Sua preziosa collaborazione istituzionale, mi permetta, Signor Presidente, di ringraziarLa sentitamente. I cinque anni della XVI legislatura sono stati complessi, spesso difficili, e so di interpretare il sentimento di tutti i deputati nell'esprimerLe apprezzamento e gratitudine per come Ella ha saputo onorare la più alta magistratura della Repubblica che è oggi riconosciuta, grazie alla Sua opera, quale vertice morale e non solo istituzionale da tutti gli italiani.

Saluto il Presidente emerito della Corte Costituzionale, Alfonso Quaranta, il Segretario della Fondazione per le scienze religiose "Giovanni XXIII", Alberto Melloni, il professore ordinario di storia dei sistemi politici presso l'Università di Bologna, Paolo Pombeni, il professore emerito di diritto civile presso l'Università La Sapienza di Roma, Pietro Rescigno.

Non è facile racchiudere in poche parole una figura così ricca e nello stesso tempo così nitida come quella di Giuseppe Dossetti. La profondità del suo pensiero, il rigore della sua personalità, il suo impegno politico che faceva tutt'uno con il suo fervore religioso compongono l'ammirevole unicità del suo percorso nella storia del Novecento italiano, di cui è stato uno dei più coerenti e appassionati interpreti.

Dossetti è stato tra coloro che più intensamente hanno rappresentato l'ansia di rinnovamento sociale e ideale della società italiana, negli anni cruciali del dopoguerra, della Ricostruzione e dell'Assemblea Costituente, di cui è stato attivo protagonista come componente della Commissione dei 75.

La sua idea che la rinascita sociale ed economica dell'Italia dovesse essere inseparabile da un processo di rinnovamento morale e civile trovò intensa espressione nella sua concezione della Costituzione, che Dossetti non vedeva soltanto come la legge fondamentale del nuovo Stato italiano, ma anche come la base ideale e culturale su cui edificare una nuova società, inclusiva, coesa, solidale.

I valori della Costituzione rappresentavano, per l'illustre uomo politico, la base per una rinnovata identità nazionale. Fu questa una delle idee che Dossetti ribadì con particolare intensità nell'ultima stagione della sua vita, quando, tra il 1994 e il 1996, anno della sua morte, tornò a fare sentire la sua voce presso l'opinione pubblica italiana.

Voglio in proposito citare un bellissimo passo di una conferenza tenuta nel 1995 all'Istituto di Studi Filosofici di Napoli. Cito testualmente: "La Costituzione del 1948 - la prima non elargita, ma veramente datasi da una grande parte del popolo italiano, e la prima coniugante le garanzie di eguaglianza per tutti e le strutture basali di una corrispondente forma di Stato e di Governo - può concorrere a sanare ferite vecchie e nuove del nostro processo unitario, e a fondare quello che, già vissuto in America, è stato ampiamente teorizzato da giuristi e da sociologi nella Germania di Bonn, e chiamato 'Patriottismo della Costituzione' " .

Un "patriottismo -prosegue Dossetti- che legittima la ripresa di un concetto e di un senso della Patria, rimasto presso di noi per decenni allo stato latente o inibito per reazione alle passate enfasi nazionalistiche, che hanno portato a tante deviazioni e disastri" .

Sono parole che, dopo quasi vent'anni, risuonano con accenti di particolare forza e attualità, in considerazione soprattutto di quella necessità di ricomposizione del tessuto morale della Nazione che s'avverte da tempo nella nostra società, e che abbiamo potuto recentemente constatare osservando il grande interesse popolare che ha accompagnato le manifestazioni per il Bicentenario dell'Unità d'Italia.

Un secondo aspetto del Dossetti costituente su cui desidero brevemente soffermarmi è l'alta dignità e l'alto valore che egli attribuiva al confronto delle idee. Profondamente animato dall'ideale cristiano, egli cercò e favorì l'incontro con le culture laiche presenti nel Paese e nella Costituente; suo obiettivo non era di giungere a soluzioni di compromesso sui princìpi fondamentali, ma dar vita a sintesi ideali capaci di far risaltare la cultura umanistica che doveva ispirare la Carta costituzionale.

Così fu, ad esempio, nel riconoscimento della centralità e inviolabilità dei diritti dell'uomo, sancito negli articoli 2 e 3 della Costituzione, la cui formulazione scaturì da un ampio e intenso dibattito che vide protagonista Dossetti insieme ad altri illustri esponenti del pensiero cattolico e ad importanti esponenti della sinistra quali, tra gli altri, Lelio Basso.

Come ricordò Leopoldo Elia in un convegno che si svolse alla Camera nel dicembre del 2006, Dossetti esercitò la capacità di convincere i membri della Commissione dei 75 del fatto che "era possibile trovare una ideologia comune e non di parte su cui fondare il nuovo edificio costituzionale: una concezione umanistica, caratterizzata dalla centralità della persona, o meglio, dei suoi diritti fondamentali, riconosciuti e non creati dalla Repubblica".

Nella visione dossettiana, i princìpi costituzionali dovevano essere impulso per una ambiziosa azione riformatrice in campo economico e sociale, una prospettiva che venne effettivamente seguita nei primi decenni repubblicani, ma i cui risultati furono giudicati insoddisfacenti dall'uomo politico cattolico. E ciò per effetto della sua forte e, per certi versi, intransigente ispirazione ideale.

E qui emerge un altro aspetto della figura di Dossetti su cui desidero soffermarmi in conclusione: la sua visione politica o, per meglio dire, la sua visione della politica, una visione fortemente caratterizzata dal fervore religioso che sempre l'animò e che lo condusse nel 1956 a diventare monaco.

La sua grande e originaria spinta ideale veniva dall'aspirazione che il "soffio potente del Cristianesimo", come affermò nel 1947, potesse produrre il rinnovamento profondo nella società italiana.

Di qui il carisma che circondava la sua persona, ma di qui anche l'appassionato confronto politico che le sue posizioni produssero all'interno della Democrazia cristiana tra gli anni Quaranta e Cinquanta. E' nota la sua diversità di vedute rispetto a De Gasperi, in modo particolare sulla politica estera dell'Italia. Dossetti nutriva perplessità sul Patto Atlantico e riteneva che dovesse essere assegnato all'Onu il compito di garantire l'ordine internazionale.

Al di là del giudizio storico politico sulla dialettica interna alla Dc del dopoguerra, quello che è interessante porre oggi in rilievo è il fatto che, nell'esperienza di Dossetti, si è rivelata in modo particolarmente evidente la tensione, propria e delle forti passioni politiche del Novecento, tra la forza delle aspirazioni ideali e il realismo dovuti alle condizioni storiche.

"In un certo senso -osservò al riguardo lo storico Pietro Scoppola - Dossetti simbolizza la storia non realizzata, le potenzialità inespresse di un certo filone del cattolicesimo democratico. La sua rinuncia ha mantenuto viva nel mondo cattolico una tensione verso obiettivi più alti, più coerenti, più nobili".

Ancor oggi la forte tensione ideale espressa da Dossetti rappresenta un valido insegnamento che egli ha lasciato all'intera comunità politica italiana, sia nelle sue componenti cattoliche sia in quelle laiche.

Un insegnamento da non disperdere e da trasmettere alle nuove generazioni.