Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

08/05/2009

Milano, Intervento alla IV Edizione delle Assise della sussidiarietà

Signor Presidente del Comitato delle regioni, Signor Presidente della Regione Lombardia, Autorità, Signore e Signori!

Il tema della sussidiarietà non è certo una recente acquisizione del dibattito politico e dei vigenti ordinamenti giuridici.

Il pensiero politico, a partire da Aristotele, ha fatto costantemente ricorso al "principio di sussidiarietà", inteso come criterio per la regolazione dei rapporti tra i diversi livelli di governo e tra la sfera pubblica e la società.

Nell'età moderna, il tema della sussidiarietà è cresciuto di importanza contestualmente alla progressiva affermazione dei diritti dei cittadini e al dinamico sviluppo della pluralità delle articolazioni sociali.

E' stato il pensiero liberale, soprattutto con Locke, ad elaborare l'idea per cui l'autorità pubblica deve evitare di ingerirsi negli affari privati, salvo che nei casi in cui ciò risponda ad evidenti necessità.

Per il pensiero cattolico, invece, la limitazione della sfera delle competenze statuali è motivata in ragione della necessità di tutelare adeguatamente i diritti naturali della persona, della famiglia e delle formazioni sociali intermedie.

Al riguardo, però, è stato fondamentale il contributo offerto dal pensiero federalista: la sussidiarietà è, in effetti, uno dei cardini su cui poggiano i sistemi federali.

In particolare, fu Hamilton, autore del famoso Federalist e coautore della Costituzione statunitense, ad affermare, per primo, che l'organizzazione federale appare l'unica forma di Stato in grado di coniugare le esigenze di unità con quelle di libertà.

Secondo il princìpio di sussidiarietà il livello di governo sovraordinato è legittimato ad intervenire ogniqualvolta i livelli di governo subordinati si siano dimostrati inadeguati allo scopo.

In questo modo, il pensiero federalista fornisce un ulteriore prezioso contributo alla valorizzazione del pluralismo e al riconoscimento dell'articolazione dei poteri e della società come fattori di progresso.

Anche sulla base di quanto elaborato dalla più tradizionale dottrina, il concetto di sussidiarietà ha assunto così una duplice dimensione: da un lato, come relazione tra enti pubblici e soggetti privati (sussidiarietà orizzontale), dall'altro, come rapporto tra istituzioni centrali ed istituzioni locali (sussidiarietà verticale).

Nel sistema giuridico italiano il principio di sussidiarietà trova riscontro nella stessa Costituzione (art. 118), nella quale è enunciata la regola generale per cui il soggetto titolare delle funzioni amministrative è di norma il Comune, in quanto ente territoriale più vicino alle esigenze dei cittadini.

Tale scelta, compiuta con la legge costituzionale n. 3 del 2001, è riconducibile, almeno in parte, all'esperienza di paesi ad ordinamento federale, come la Repubblica Federale Tedesca, anche se non meno significativa è stata l'incidenza della evoluzione che sul tema ha, da ultimo, registrato l'ordinamento comunitario.

E' opinione largamente condivisa tra gli studiosi e gli esperti che già i Trattati istitutivi della Comunità Europea intendessero richiamare, sia pure non in termini espliciti, il concetto di sussidiarietà.

A partire dalla metà degli anni '70, a fronte della progressiva estensione delle competenze non solo istituzionali della Comunità europea, il concetto della sussidiarietà ha cominciato ad essere citato formalmente nei documenti e negli atti, per trovare una sua codificazione e sistematica collocazione normativa con il Trattato di Maastricht del 1992.

Quest'ultimo ha stabilito che nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possano essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri.

La logica che ispira il principio di sussidiarietà è, dunque, quella di limitare l'intervento dell'Unione Europea ai casi in cui ciò risulti necessario e laddove gli obiettivi possano essere meglio realizzati a livello comunitario.

Alla base dell'attenzione che il tema ha trovato nell'ordinamento europeo vi è la preoccupazione che, con il progressivo ampliamento del cosiddetto "acquis comunitario", l'Europa possa diventare un fattore di complicazione per il peso crescente esercitato dalla normativa comunitaria sui cittadini e sulle imprese.

Da questo punto di vista, il principio di sussidiarietà funziona come un potente disincentivo all'adozione, da parte delle istituzioni europee, di nuove iniziative normative che non rispondano ad evidenti necessità e che non possano trovare adeguata risposta nell'azione dei singoli Stati membri.

Infatti, l'onere di dimostrare la fondatezza del proprio intervento comporta, per le istituzioni europee, l'obbligo di motivare l'inadeguatezza dei singoli Stati membri.

Non è, quindi, sufficiente limitarsi ad affermare in via presuntiva che l'intervento delle istituzioni europee consentirebbe di realizzare meglio gli scopi previsti: va dimostrata l'incapacità degli Stati membri di perseguire l'obiettivo con la stessa efficacia. Incapacità che il Trattato di Lisbona richiede debba sussistere non soltanto a livello centrale, ma anche a livello regionale e locale.

La sussidiarietà e la proporzionalità impongono poi - come espressamente prevede il Protocollo relativo all'applicazione dei due principi, allegato al Trattato di Amsterdam - anche una modulazione nella scelta della forma dell'atto comunitario da adottare, al fine di ridurre l'invasività rispetto alle competenze nazionali.

In questa direzione, il Trattato di Lisbona compie un ulteriore passo avanti, dal momento che si introducono meccanismi procedurali finalizzati a consentire ai Parlamenti nazionali di svolgere un controllo puntuale sulla rispondenza delle proposte normative delle istituzioni europee al principio stesso.

In tal senso, la Camera dei deputati si sta già attrezzando per avviare - sia pure in via sperimentale, in attesa dell'auspicata entrata in vigore del Trattato di Lisbona - una valutazione dei profili di sussidiarietà nell'ambito dell'esame dei progetti di atti normativi europei.

Al di là, comunque, dei profili procedurali, ciò che appare importante è che i Parlamenti nazionali esercitino le prerogative loro conferite in maniera incisiva, ma, nel contempo, con equilibrio.

Ciò comporta, da un lato, di dover evitare il rischio di un utilizzo pretestuoso del principio secondo una logica pregiudizialmente "antagonista" dell'azione politica europea; dall'altro, comporta che i Parlamenti nazionali dovranno tenere nel debito conto non solo il rispetto delle attribuzioni degli Stati membri, ma anche quello delle funzioni proprie degli enti territoriali. E ciò soprattutto nei Paesi che, come il nostro, si caratterizzano per una articolata distribuzione di competenze tra Stato, Regioni ed Enti locali.

A tal fine, un importante contributo può essere proprio offerto dal Comitato delle regioni, organismo cui a livello europeo è specificamente demandato il compito di fare in modo che la legislazione dell'Unione Europea tenga in debito conto la prospettiva locale e regionale. Commissione e Consiglio hanno infatti l'obbligo di consultare il Comitato tutte le volte che vengono presentate proposte che investono la dimensione regionale e locale.

La natura consultiva di tali competenze nulla toglie, ovviamente, alla delicatezza delle funzioni assegnate al Comitato, il quale concorre ad assicurare quella leale collaborazione cui deve ispirarsi l'attività dei diversi livelli di governo.

Va anche evidenziato che, a seguito dei progressivi affinamenti intervenuti sul piano normativo, il concetto di sussidiarietà non risponde più esclusivamente ad una connotazione negativa (in quanto esclusione dell'intervento dell'autorità superiore), ma ha assunto anche una valenza positiva laddove presuppone l'intervento dell'autorità quando ciò risulti necessario allo scopo di tutelare il bene dell'individuo.

Esso è divenuto, quindi, uno dei cardini delle democrazie evolute ed obbliga la politica ad uno sforzo continuo di aggiornamento di regole e di procedure; in questo senso, la sussidiarietà risponde ad una evidente ragione garantista per la salvaguardia degli assetti democratici.

A ben vedere, la sussidiarietà altro non è che un parametro imprescindibile per la salvaguardia del pluralismo, in quanto assicura l'armonizzazione di una molteplicità di articolazioni sociali e territoriali.

Inteso nei termini in cui viene espresso nella normativa europea ed in quella nazionale, il principio di sussidiarietà rappresenta uno dei risultati più avanzati dello sforzo di governare un quadro oggettivamente complicato in ragione della coesistenza di diversi livelli di governo.

E' questo lo scenario che contraddistingue tutti gli ordinamenti contemporanei e che, in particolare, segna l'evoluzione dei rapporti fra gli ordinamenti degli Stati membri e quello dell'Unione Europea.

La stessa tesi della supremazia dell'ordinamento europeo rispetto a quelli nazionali - suffragata dalle pronunce della Corte di Giustizia e anche da quelle della Corte costituzionale italiana - appare sotto questo profilo superata.

Assistiamo oggi ad una evoluzione per cui si prefigura il superamento della dicotomia tra ordinamenti interni ed ordinamento europeo in una sorta di ibridazione tra sistemi giuridici diversi che vanno progressivamente integrandosi.

Alla base di questa evoluzione c'è la consapevolezza del cambiamento epocale che stiamo vivendo. La tumultuosa crescita dei fenomeni transnazionali, dalla globalizzazione dell'economia reale e di quella finanziaria all'esplosione dei flussi migratori, richiede risposte adeguate ed efficaci per assicurare una dimensione di scala che eccede quella degli Stati. Da qui, da questa esigenza, discende il trasferimento di quote di sovranità dagli Stati membri all'Unione Europea.

Allo stesso tempo, gli stessi Stati membri vivono una rinnovata vitalità delle autonomie territoriali, le quali rivendicano la possibilità di prestare alcuni servizi in termini più efficienti e rispondenti alle istanze degli utenti alla luce della loro più diretta correlazione con i cittadini.

Lo scenario in cui ci muoviamo è, pertanto, contrassegnato da un fortissimo dinamismo in cui coesistono spinte contrastanti e, almeno in apparenza, difficilmente conciliabili.

Il parametro della sussidiarietà può e deve essere un elemento importante per orientare l'azione della politica in una fase di così intensa evoluzione, nella consapevolezza che non esistono modelli astrattamente applicabili in qualunque circostanza, ma che le regole vanno applicate con intelligenza e flessibilità.

Una governance multilivello, qual è quella riscontrabile nelle democrazie europee, richiede la valorizzazione di tutte le energie presenti nel tessuto sociale, che devono potersi esprimere senza essere umiliate da rigide logiche centralistiche, ma evitando, nel contempo, un eccesso di frammentarietà che inevitabilmente si tradurrebbe in una dispersione di risorse.

Esemplari, al riguardo, appaiono le conseguenze della grave crisi economica, a fronte delle quali è sempre più evidente l'esigenza di favorire uno stretto coordinamento tra le iniziative assunte dalle istituzioni europee e quelle di competenza dei singoli Stati membri.

La ragionevolezza ha indotto le istituzioni europee ad attenuare alcune regole, a partire da quelle relative agli aiuti di Stato, in modo da massimizzare i possibili vantaggi di politiche di sostegno alla crescita per favorire una rapida inversione del ciclo negativo.

Anche i Parlamenti nazionali debbono muoversi secondo questa logica, utilizzando la sussidiarietà quale strumento per affermare in modo sistematico il proprio intervento nella formazione delle politiche europee.

Solo così, dall'intreccio congenito di politiche lungimiranti, renderemo un servizio all'Europa, ai suoi cittadini e alle libere e democratiche istituzioni parlamentari!

Grazie.