Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

28/05/2009

Montecitorio, Sala della Regina - Presentazione del I volume della Collana dal titolo "Quaderni Degasperiani"

L'esperienza politica di Alcide De Gasperi compendia in sé tutte le molteplici dimensioni della ricostruzione e dello sviluppo della democrazia italiana.
Quella di provvedere anzitutto alle esigenze di sviluppo materiale del Paese e di garantire credibilità e consenso alle istituzioni democratiche; quella di superare le divisioni e le lacerazioni interne, radicate nell'ideologia o risalenti alla complessità dei rapporti fra laicità e mondo ecclesiale; quella, infine, di valorizzare l'Italia nel contesto internazionale, coltivando nella prospettiva europea una garanzia di sviluppo e di pace durevole.
Rispetto a questi temi, tradizionalmente critici nella storia del nostro Paese, il fondamento dell'azione politica di De Gasperi va ricercato anzitutto nel suo patrimonio di valori, in cui si possono scorgere due caratteristiche fondamentali: la coerenza con i principi della fede religiosa ed il senso dello Stato.
Per lui non poteva esservi contraddizione tra la sua visione cristiana della vita ed il suo impegno al servizio della comunità civile; né, tuttavia, poteva prospettarsi il prevalere dell'una, in una politica di tipo clericale, o dell'altro, in forme di dissenso da un'etica personale e comunitaria, radicata nei valori del cristianesimo.
Credente e uomo di profonda spiritualità, testimoniata fra l'altro dal toccante scambio epistolare con la figlia, suor Lucia, non coinvolse mai la Chiesa nelle responsabilità che a lui spettavano come Presidente del Consiglio e che volle assumersi pienamente, anche a rischio di essere male interpretato con dolorose conseguenze nei suoi rapporti con l'autorità ecclesiastica.
D'altro canto tutelò con decisione la libertà religiosa e i diritti della Chiesa, profondamente convinto com'era del suo ruolo di animatrice morale e spirituale della democrazia e consapevole che un libero Stato democratico è tanto più in pericolo di corrompersi se non saldamente fondato sui valori morali.
Tale duplice ma univoco modo di sentire e di operare non si fermò ad un generico o teorico orientamento, ma venne da lui tradotto concretamente nelle diverse stagioni del suo percorso politico: nel Trentino, tra la sua gente ancora parte dell'Impero Austro-ungarico, nel partito popolare di Luigi Sturzo nei critici anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, nella preparazione e nella fondazione della Democrazia Cristiana e, infine, alla guida del Paese, agli inizi dell'esperienza repubblicana.
La biografia che oggi presentiamo offre un'ampia e documentata ricostruzione di queste fasi evolutive dell'esperienza politica di De Gasperi, delineandone compiutamente la figura di laico cristiano, che, un decennio dopo la sua morte, il Concilio Vaticano II avrebbe additato ai politici cattolici di tutto il mondo.
Nell'Italia del secondo dopoguerra, De Gasperi fu anzitutto tra i primi uomini di Stato che si fecero interpreti della Carta Costituzionale del 1948 e che si cimentarono nel tradurne in pratica i principi innovatori, negli anni in cui si gettavano le fondamenta della Repubblica.
Quella Carta costituiva per lui il patto di cittadinanza tra storie e culture diverse ed era innervata di valori universali, di democrazia e di umanità.
Il suo sforzo costante di equilibrio nel sentirsi, al tempo stesso, abitante della terra e cittadino del cielo, può così essere letto come espressione di quella temperie culturale in cui, a metà degli anni Trenta, maturò nella coscienza e nella riflessione politica dei laici cristiani l'esigenza di elaborare una proposta politica nuova.
Una proposta politica che, in alternativa all'individualismo liberale ed al collettivismo marxista, ponesse la persona umana al centro dell'agire politico e sociale.
Di questi principi De Gasperi si fece interprete e garante nell'azione dei governi di cui ebbe la responsabilità.
Provvedimenti come la riforma agraria, la riforma tributaria divenuta nota come "Piano Vanoni", il Piano INA-casa, l'istituzione della Cassa per il Mezzogiorno o la creazione dell'ENI, costituirono una concreta espressione di quella cultura del riformismo cristiano che dimostrò nei fatti come un'azione fortemente innovativa nel tessuto economico e sociale del Paese può essere prodotta da governi d'ispirazione moderata.
Questa intuizione degasperiana, di cui si ritrova traccia in un documento noto agli storici come il suo "testamento politico", taglia trasversalmente il tradizionale schema di analisi politica fondato sulla ripartizione netta fra progressisti e conservatori, e costituisce, retrospettivamente, una chiave di lettura di molti periodi della storia politica italiana.
Le linee operative per tradurre in pratica quella intuizione vennero espressamente delineate da De Gasperi nei due noti scritti "Idee ricostruttive della Democrazia cristiana" e "La parola dei democratici cristiani", entrambi pubblicati nel 1943:

- politiche di sostegno alla piccola e media industria;
- efficace intervento dello Stato diretto a combattere le concentrazioni monopolistiche;
- decentramento della grande industria;
- deproletarizzazione della condizione operaia;
- formazione di una categoria di tecnici di alta moralità e di specifica competenza nelle amministrazioni pubbliche;
- riforma agraria e diffusione della piccola proprietà contadina.

Fu questo il progetto politico su cui De Gasperi seppe far convergere uomini politici di diversa estrazione sociale e culturale, da Einaudi a Mattei, da Sforza a La Pira, da Vanoni a Fanfani.
Ed una testimonianza storica - spicciola, eppure sintomatica - circa i risultati di quell'azione di governo ci viene fornita da una lettera ritrovata fra le carte di Fanfani in cui, dopo l'attuazione della "legge stralcio sulla riforma agraria" due coniugi contadini pugliesi scrissero al Ministro che "nel momento in cui cessavano di essere proletari, ricevendo il contratto delle terre loro assegnate, "riconsegnano le tessere del PCI per mai più appartenervi."
Questo passaggio dalla condizione di proletari a quella di piccoli proprietari rappresentò una prima risposta concreta all'esortazione che, nel 1934, Jacques Maritain aveva formulato, nel suo "Umanesimo integrale": "Bisogna tener conto delle aspirazioni di un mondo disperato verso qualcosa di realmente nuovo e di migliore e di più umano delle forze esistenti, ove possano infine trovare una forma di verità le profonde rivendicazioni vitali e le grandi energie irrazionali che il dolore delle generazioni fa passare negli uomini d'oggi".

Secondo questa chiave di lettura, l'azione politica degasperiana sul versante politico interno trova sviluppo anche in quella sul versante internazionale ed europeo.
Gli storici hanno giustamente illustrato l'europeismo di De Gasperi nel contesto della sua politica internazionale.
Il suo nome viene ricordato insieme con quelli di Konrad Adenauer e di Robert Schuman tra i padri dell'Europa contemporanea, che ebbero il merito di avviare la riconciliazione e l'unità dell'Europa, mentre molto forte era la frattura ideologica e, nel cuore del vecchio continente, andava affermandosi la "guerra fredda".
Prima ancora di essere europeista, De Gasperi si sentiva ed era europeo; non tanto perché la sua origine trentina lo facesse propendere verso la Mitteleuropa, quanto piuttosto perché aveva sperimentato, nelle due guerre mondiali, le lacerazioni e le sofferenze delle popolazioni nei territori dai confini incerti e mutevoli.
Aveva conosciuto quanto era accaduto non solo ai trentini, ma a milioni di europei, nell'internamento dei civili, negli effetti della esaltazione delle diversità linguistiche e delle contrapposizioni nazionali, nelle prigionie durissime e lontane.
Era stato portato ad immaginare una Europa dei popoli più che delle Nazioni, nella quale trovassero posto e venissero valorizzate le reciproche diversità e dove la molteplicità delle esperienze e delle storie regionali mettesse a frutto le radici comuni.
De Gasperi ebbe il senso profondo della funzione dell'Europa quale crogiuolo di nuove forme di esperienze politiche e, nonostante la montante cortina di ferro, di luogo di un possibile graduale rinascimento nella libertà, nella democrazia, nell'intesa fra le genti, nella sicurezza dalla violenza esterna o dalla oppressione interna.
Oltre alle opere compiute, alle mete raggiunte e agli obiettivi ricercati, De Gasperi può essere ricordato nella storia politica italiana ed internazionale anche per il suo stile: uno stile di dignità e di fermezza, di passione civile e di sobrietà, di intrasingenza valoriale e di sensibilità sociale ed umana.
Più che del potere fece uso della responsabilità e per questo fu, talvolta, in dissenso da amici carissimi, compiendo anche scelte non condivise ed intraprendendo percorsi poi rivelatisi non rispondenti pienamente alle speranze.
Accettò anche situazioni umilianti, come alla Conferenza di pace di Parigi, pur di servire l'Italia.
Intese essere una guida, non tanto il leader di un partito o di una Nazione; aveva una costante attenzione alla sensibilità e alle aspirazioni popolari.
Non fece in tempo a diventare - non ne avrebbe del resto avuto bisogno -quello che oggi definiremmo come un leader mediatico: morì, infatti, quando la televisione era appena nata.
Di lui la gente non poté vedere da vicino, se non raramente, il volto, ma attraverso la radio ascoltò la sua voce autorevole e concreta.
Era quello un suo modo di dialogare a distanza, come aveva fatto sin dalla sua prima attività politica negli articoli di giornale.
Questo suo stile, serio, austero, mai privo di una sua grande e taciturna generosità, è parte viva della sua eredità politica, sempre feconda di significativi insegnamenti, di cui dobbiamo perpetuare la memoria come espressione alta, libera e forte, dei valori e dei principi su cui si fonda la nostra democrazia.