Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

14/11/2012

Montecitorio, Sala Aldo Moro – Presentazione del volume “Cosa pensano gli americani (e perché sono così diversi da noi)”, di Francesco Antinucci

Autorità, Colleghe e Colleghi, Signore, Signori!

La Camera dei deputati è lieta di ospitare la presentazione del bel libro di Francesco Antinucci "Cosa pensano gli americani (e perché sono così diversi da noi)", un interessante viaggio nella mentalità e nella cultura statunitense che offre un significativo contributo di conoscenza delle dinamiche presenti nella più grande democrazia del mondo occidentale e che suggerisce stimolanti punti di confronto con i modelli politico culturali diffusi in Italia e nel resto d'Europa.

La lettura del volume - una lettura, va sottolineato, agile e piacevole quanto ricca di argomenti - conferma l'opinione secondo la quale c'è sempre da imparare dall'osservazione attenta del funzionamento della democrazia americana.

E questo va detto senza minimamente sminuire la qualità e la specificità della cultura politica dell'Italia e dell'Europa, ma nella considerazione che lo scambio culturale e una maggiore reciproca comprensione tra le due sponde dell'Atlantico è sempre fattore di progresso e di crescita.

Degli interessanti temi sviluppati nel volume parleremo tra breve con il professor Antinucci, che saluto e ringrazio unitamente agli illustri relatori, Massimo Teodori, Walter Veltroni.

Desidero sottolineare, prima di soffermarmi brevemente su alcuni, importanti spunti di riflessione suggeriti da Antinucci, dalla dimostrazione di forza e di vitalità che la democrazia americana ha dato nelle recentissime elezioni presidenziali.

E' una considerazione che introduce nel migliore dei modi uno dei temi centrali del volume, e cioè il legame originario e strutturale, nel concetto stesso di identità americana, tra i valori di patria, democrazia e Costituzione.

Questo intimo legame l'abbiamo visto plasticamente la notte stessa in cui, al termine dello spoglio delle schede elettorali, il repubblicano Mitt Romney ha riconosciuto la vittoria di Obama pronunciando un discorso nel quale ha invitato a "riunire il Paese dopo le divisioni della campagna elettorale" e ha auspicato il successo del Presidente democratico nel guidare la nazione americana.

Al di là della prassi istituzionale che impone al candidato sconfitto di riconoscere la vittoria del rivale, desta indubbiamente ammirazione il fatto che gli americani, dopo una campagna aspra e combattuta come quella che ha visto contrapposti Obama e Romney - va comunque detto che le campagne presidenziali negli Usa sono sempre accese e appassionate - sentano immediatamente il bisogno di sottolineare la loro coesione nazionale e politica.

Il punto è, come spiega efficacemente Antinucci, che l'identità comune degli americani si esprime, nei suoi tratti fondamentali, nell'aderire ai valori affermati nella Dichiarazione di Indipendenza e nella Costituzione e che, per i cittadini statunitensi, i valori di libertà e democrazia "sono costitutivi della nazione, sono la sua identità".

E' inimmaginabile, per gli americani, una patria che non sia unita nella difesa della Costituzione democratica.

Si potrebbe rilevare che è certamente così anche per gli europei. Ma ciò è vero solo dalla fine della Seconda guerra mondiale e con accenti culturalmente e storicamente diversi.

La questione è ben riassunta dall'autore in questo brano: "Così come noi europei, quando riflettiamo sul concetto di nazione, pensiamo automaticamente a valori di tipo etnico-culturale, gli americani pensano automaticamente alla forma delle istituzioni".

Questa diversità di approccio, se è vista esclusivamente come il prodotto della diversa identità dei singoli Paesi europei, è un fatto indubbiamente positivo, perché contribuisce a spiegare quella varietà culturale che deve mantenersi viva anche nel mondo della globalizzazione, che si può affrontare solo con una forte identità.

Il discorso ovviamente cambia se la varietà storico-culturale dei popoli europei è il propellente che alimenta pulsioni nazionalistiche o sentimenti di chiusura e paura nei confronti delle grandi trasformazioni del nostro tempo. Penso in particolare alla questione delle grandi migrazioni che sta segnando in profondità i Paesi del Vecchio Continente.

Al riguardo non c'è dubbio che l'esperienza americana in materia di integrazione e di cittadinanza offra preziosi punti di riferimento a un Paese come l'Italia che in pochi decenni si è trasformato, da terra di emigrazione, in terra di immigrazione e che di conseguenza è chiamata a trovare soluzioni nuove e avanzate.

Come è noto, nella storia degli Stati Uniti non sono mancate fasi di tensione e di conflitto di tipo razziale, ma l'idea della cittadinanza come fondamento primo dell'identità nazionale rappresenta un importante contributo politico e civile che la cultura americana offre oggi a un'Europa chiamata a ridefinire i concetti di cittadinanza attiva e di appartenenza nazionale.

Diventare cittadino americano significa, come evidenzia Antinucci, aderire a un sistema di valori civili fondati sulla democrazia, la libertà, l'eguaglianza : l'autore lo definisce "credo politico-ideologico" che è alla base della religione civile americana.

Deve fare profondamente riflettere un confronto tra gli Usa e l'Italia che troviamo nel volume: se negli Stati Uniti coloro che sono diventati cittadini dopo l'immigrazione rappresentano circa l'8 per cento della popolazione, in Italia sono invece, stando ai dati del 2008, appena lo 0,5.

E ciò perché nella legislazione italiana sulla cittadinanza prevale ancora il principio dell'appartenenza etnica, espresso nello jus sanguinis, nonostante gli ingenti flussi migratori che, da anni, interessano strutturalmente il Paese al pari degli altri, maggiori Paesi europei.

Su un piano più generale, è inoltre importante avere chiaro che, riflettere sul modello di nazione rappresentanto dagli Stati Uniti, significa riscoprire un'idea di patriottismo liberale e democratico legata ai capitoli più fecondi della cultura politica europea e da sempre contrapposta a ogni forma di nazionalismo etnico.

E' quell'idea di nazione, fondata sui valori della libertà e dell'eguaglianza e caratterizzata da un forte respiro universalistico, che è scaturita dalla Rivoluzione francese e che ha poi trovato, nella stagione del Risorgimento italiano, uno dei suoi massimi interpreti in Giuseppe Mazzini.

E vale anche la pena di ricordare che una delle opere fondamentali nell'evoluzione del pensiero politico europeo nel XIX e XX secolo è, non a caso, il celeberrimo "La democrazia in America" di Alexis de Tocqueville.

Questi riferimenti storici ci ricordano che, al di là delle loro indubbie differenze nella mentalità e nel costume sociale, Stati Uniti e Paesi europei appartengono a una stessa matrice storica, ideale e morale: è la civiltà dell'Occidente, un termine che deve continuare a designare un nucleo fondante di valori intangibili; e ciò nonostante l'evoluzione mondiale dell'ultimo decennio abbia oggettivamente indebolito l'area geoeconomica del vecchio Atlantico euro-americano.

Rimane comunque fondamentale recuperare quella fiducia nel futuro che, come documenta Antinucci nel suo libro, continua a pervadere profondamente la società americana e che, per tornare ad essere il sentimento prevalente anche nelle società europee, e in particolare di quella italiana, non può prescindere da forme di sincera partecipazione popolare alla vita democratica non legate esclusivamente al ruolo dei partiti politici.